| Note biograficheBassista/compositore nato in Israele nel 1970. Trasferitosi a New York nel 
 1992 ha suonato tra gli altri con Brad Mehldau, Danilo Perez, Chick Corea, 
 Bobby McFerrin, Herbie Hancock, Paquito D’Rivera. Definito “visionario del jazz 
 di proporzioni globali” dalla rivista Downbeat e dichiarato uno dei cento più 
 influenti bassisti del XX secolo da Bass Player Magazine, ha da poco pubblicato 
 Continuo, settimo album come leader.    E. Sparta: Il tuo approccio alla musica è molto passionale, 
 ma i tuoi brani sono costruiti con un rigore tipico della musica classica; come 
 riesci a far convivere questi due aspetti? Avishai Cohen: Amo molto la musica classica e la musica mediorientale, 
 questo sicuramente influenza le mie composizioni, ma quando suono dal vivo la 
 prima cosa che mi interessa è l’energia che riesco a comunicare. Quando conosci 
 le persone con cui suoni e ti fidi di loro hai la possibilità di lasciarti 
 andare, di mettere da parte la tua razionalità per poterti esprimerti 
 liberamente.
 E. Sparta: La tua tecnica strumentale è sicuramente fuori dal comune; 
 quanto ritieni sia importante lo studio nella pratica musicale?
 Avishai Cohen: La tecnica è certamente una componente importante, poiché 
 ti permette di esprimere al meglio le tue idee musicali, ma se si vuole 
 crescere come musicista la cosa più importante è “ascoltare, ascoltare, 
 ascoltare”.
 E. Sparta: Qual è il rapporto con la tua terra?
 Avishai Cohen: Ho vissuto in Israele fino a ventuno anni poi mi sono 
 trasferito a New York. Questo mi ha permesso di crescere molto come musicista e 
 mi ha offerto l’opportunità di suonare con musicisti di altissimo livello, ma 
 sono sempre rimasto molto legato alla mia terra: lì avevo e ho la mia famiglia 
 e i miei amici. Da due anni mi sono trasferito stabilmente in Israele: ora è da 
 lì che parto per suonare in giro per il mondo.
 E. Sparta: Cosa credi che possano fare i musicisti per la pace?
 Avishai Cohen: Non credo che i musicisti debbano necessariamente avere 
 un impegno “politico”, ma credo che debbano far sentire attraverso la loro 
 musica il loro bisogno di pace. Comunicare, attraverso la propria sensibilità, 
 questo bisogno agli altri, è il modo miglior per un musicista di farsi 
 portatore di pace.
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