I segni della Pasqua.
La Palma: un gesto, mille significati.
di Lorenzo Di Donato

Le festività pasquali sono ricche di tradizioni, ovunque. Caserta ha una maggiore ricchezza di tradizioni in quanto la città borbonica ha acquisito quelle che già vivevano nei borghi della vecchia città.

Lasciando ad altri -appassionati, cultori e studiosi- le indagini sulle origini delle tradizioni pasquali a Caserta e provincia, lascio che le memorie della mia vita vissuta affiorino alla mia mente, per assaporarle ancora una volta e gustarle nella loro semplicità e nella ricchezza della loro spessa umanità. E’ la mia “palma” offerta a quei pochi che leggono le mie note.

Lunedì Santo del 1940. Nella mia classe, II elementare, ciascuno di noi piccoli alunni offre al maestro Russo il ramoscello di ulivo benedetto, la “palma”, in segno di stima, di affetto o di semplice cortesia in quanto “così si usa”. Ed il nostro maestro , in genere serio ed autorevole, accoglie con un sorriso questo piccolo segno di riconoscenza per la sua opera e, non potendolo fare con tutti, “scambia la palma” con qualcuno di noi più discolo o ancora fresco di rimprovero. Uno solo tra noi gli offre non il semplice ramoscello di ulivo ma una palma in cellofan e nastrini, ricevendo dal maestro, a me sembra, un sorriso più largo e pieno. Quanto ho invidiato colui che ha potuto spendere la mezza lira per quella palma che ora gli permette, ne ero proprio convinto!, di tornare al suo posto col petto impettito.

Quante palme ho offerto e scambiato nella mia vita! Quante differenze in quel gesto di gentilezza, di pace!

In fanciullezza mia madre mi invogliava a “dare la palma” non solo ai parenti ed ai miei “compari” di Battesimo e di Cresima -allora, durante la Guerra, si usava fare prima Comunione e Cresima contemporaneamente. “C’è la guerra. E’ meglio fare subito anche la Cresima.”, così all’altro mondo ci andavamo cresimati!- ma anche ai condomini del nostro palazzo, in via Vico. La cosa mi costava un poco, anche non poco, perché i nostri rapporti con loro non erano sempre facili. Basta ricordare alcuni dei loro soprannomi dei nostri condomini, non sempre legati ai mestieri svolti: Cardalana, Sbraciacennera, Faccia tagliata, ‘a Graunara, ‘o Stagnariello.

Però, la Domenica delle Palme, per me - e per tanti ragazzini come me- era anche una dei pochi giorni in cui ricevevo la “mazzetta” dai parenti, dai compari e, poche volte, da amici a cui portavo la palma. Come un ragioniere, avevo il mio elenco di …oblatori, distinti in due classi, a seconda della generosità. Per quelli generosi ero molto attento alla scelta dell’ora in cui dare la palma, onde evitare di trovare, ad esempio, la comare “stretta” e non il compare “largo”, o viceversa. Per i non generosi, l’ora non aveva alcuna incidenza sulla mancata, eppure tanto attesa, mazzetta.

Poi gli anni sono passati e, con essi, anche queste piccole attenzioni e cortesie che, in fondo, ci rendevano la vita più simpatica.

Da docente ho vissuto tutte le modalità dello scambiarsi la palma. Negli anni sessanta, il Lunedì Santo, uscivo dalle classi con un bel mazzo di palme. L’ora era “saltata” piacevolmente in piccole reciproche cortesie e, non poche volte, colloqui sorridenti e perciò più efficaci, forse, certamente utili a legare me e gli allievi.

Negli anni settanta, qualche allievo che timidamente mi offriva una palma era incenerito dagli sguardi stizziti o di commiserazione di “impegnati” compagni. Dalla metà degli anni ottanta c’è stato un recupero della tradizione, meno frequentata ma più cosciente del significato anche liturgico della Benedizione delle Palme.

A ciò non è stato estraneo la riscoperta dei valori cristiani, negli anni settanta tanto bistrattati, e il nuovo spazio cercato, e trovato, dalla liturgia in ciascuna parrocchia. La Benedizione delle Palme è fatta in lingua italiana nel cortile antistante la chiesa o nell’atrio ed è seguita quasi sempre da una processione per le principali strade della parrocchia, durante la quale i fedeli agitano i rami di ulivo in segno di festa.

E’ simpatica, ma non da tutti conservata, anche l’altra tradizione: un piccolo ramo di ulivo benedetto, bagnato di acqua santa, viene usato dai coniugi per benedire la propria famiglia prima del pranzo pasquale e le stesse pietanze pasquali. Nella mia infanzia era il nostro parroco a benedire la nostra casa, comprese le vivande, la stessa Domenica di Pasqua o il Sabato Santo, appena dopo la “Gloria”, che allora avveniva nella mattinata del sabato. .

Poi molto è cambiato: il consumismo, il Vaticano II e le innovazioni tecnologiche addensatesi in questi ultimi vent’anni sono state capaci di travolgere gran parte dello stile di vita precedentemente consolidato.

Fotografie e articolo di Lorenzo Di Donato / ©  "Caserta Musica & Arte"

La processione delle palme

La benedizione delle palme