Cultura e tradizioni

Il mese di Maggio ai Salesiani: del Mayfest, indietro nel tempo

di Lorenzo Di Donato

“Ausiliatrice, vergine bella,

di nostra vita tu sei la stella;

fra le tempeste, deh! guida il core

di chi ti chiama Stella d’amore.”

Nelle sere del mese di maggio di tanti anni fa, il nostro fresco canto alla Madonna Ausiliatrice si innalzava cristallino ed inondava il piccolo cortile destinato ai nostri semplici giochi. Il reverendo don Giuseppe Maria Gangi (mi chiedevo sempre come un uomo potesse chiamarsi Maria!), venerato ed amato nostro direttore, accompagnava il nostro canto con una vecchio, piccolo organo a mantice, le cui leve potevano essere messe in moto solo dai più grandi e dietro esplicita autorizzazione.

Per il mese di maggio, don Gangi trasformava il porticato - quello che ha oggi le arcate murate e piccole tettoie - in cappella: sulla parete di fondo costruiva un altarino con la statua della Madonna Ausiliatrice ed, al suo lato, poneva il piccolo organo. Davanti seguivano le file di sedie per noi.

Appena arrivavamo all’Oratorio, dovevamo pulire il cortile (scope, ramazze e secchi per tutti!), ordinare il porticato-cappella e rinnovare l’acqua nei portafiori. Solo dopo incominciavamo a giocare: mosca cieca, i quattro cantoni, la bandiera, il castello e similari e, qualche volta, palla avvelenata, ma senza lanciare la palla in modo violento.

Intorno alle 18, interrotti i nostri giochi al suono di un campanello agitato da don Gangi, ci sedevamo in ordine di altezza nel porticato, in modo che tutti potessimo partecipare alle pratiche religiose del mese senza distrarci (e don Gangi ci potesse facilmente controllare!).

A quell’ora il sole ci cadeva diritto addosso, impietoso del nostro accumulato sudore, tormentandoci durante la recita del Rosario e delle altre preghiere. Solo i più fortunati tra noi godevano della piccola ombra procurata dai festoni di edera che ricadevano dalle arcate.

Canto iniziale e Rosario, quindi sermoncino di don Gangi, preghiera alla Madonna Ausiliatrice, fioretto, benedizione finale e, infine, Ninuccio Serpico, con la sua bella voce tenorile, intonava le strofe di “La squilla di sera” a cui rispondevamo con felici “Ave, Ave, Ave Maria” dandoci di gomito per essere tra i primi a lasciare il porticato.

Quanti oratoriani eravamo nel 1941?

Tutti quelli della foto, fatta dallo stesso don Gangi, che, nelle grandi occasioni- con macchina fotografica a cassetta, lampo al magnesio e l’aiuto di un ausiliario salesiano-, provvedeva a fotografarci in una lunga seduta: vedete come siamo tutti, tutti, ordinati e visibili?

Questa foto costò ai miei genitori una lira ma mi ha felicemente conservato i visi di Miccichè, dei De Crescenzo, dei Natale di varie stirpi, dei Gallicola, dei Serpico, dei Gagliardi, dei tre Trombetta, di Maccauro, dei Mandara, di Biscardi, di Signore, di Crispo, dei Veccia, e degli altri che ormai il tempo ha cancellato dalla mia memoria perché il mio mondo di piccolo bambino seduto a terra (il terzo da destra) era tanto, molto lontano da quello di quanti, dalla terza fila, fanno corona a don Gangi.

L’ultima domenica di maggio era di gran festa per noi oratoriani. Al termine della messa dell’Oratorio ci disponevamo nel cortile in due “treni” separati e percorrevamo più volte, tante volte!, il cortiletto gridando “Comunione” e “senza Comunione” separatamente, per indicare che un “treno”, invece dell’altro, era formato da oratoriani che si erano comunicati quella mattina. Finalmente don Gangi si “inteneriva” e da una finestra dei locali adiacenti al porticato, ancora esistenti, ci distribuiva le caramelle, a volte i torroncini, con un occhio di riguardo a “quelli della Comunione”.

E ci distribuiva poi le corde per roteare, correndo come matti, intorno ad un palo posto nel terreno in fondo al cortile nonché i sedili delle altalene. Il tutto veniva affidato ai più grandi e noi, più piccoli, … in fila per poter fare dieci/venti giri intorno al palo o dieci/venti oscillazioni all’altalena: il numero dei giri o delle oscillazioni veniva gridato da quelli, in fila, in attesa del proprio turno.

 

L’eclettico don Gangi -si dilettava anche di pittura- non c’era più a dirigere l’Oratorio quando, nel dopoguerra, il pallone, da calcio e da pallacanestro, fece la sua comparsa nell’Oratorio: erano arrivati tanti altri ragazzi, molti provati dalla guerra, e si dovette fare fronte alle nuove esigenze che le loro istanze imponevano.

Oggi l’Oratorio dei Salesiani (nella foto) è un’altra cosa rispetto a sessant’anni fa perché, attualmente, c’è un modo diverso di essere giovani, anche se non è diverso il modo di farsi coinvolgere dal sorriso e dalla passione di don Bosco.

I tanti giovani oggi impegnati nel “Mayfest 2001, cultura giovani” con i loro spunti creativi, con le loro attività sportive e musicali, con le loro manifestazione di esultanza ed il loro modo di essere nel quotidiano sono la testimonianza dei significativi frutti della centenaria presenza dei salesiani a Caserta, della rinnovata esigenza della Casa Salesiana di stringere sempre più i rapporti con la città, della passione che i Salesiani hanno sempre avuto per i giovani.

I Salesiani oggi

 

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