Un eccidio dimenticato

Sul santa Rosalia

di Lorenzo Di Donato

Lì, quando la strada Centurano-santa Rosalia si biforca per arrampicarsi ancora su san Michele o scollinare per picchiare giù fin sotto i Ponti della Valle, un pezzo dolente della storia di Caserta è trascurato, avvilito, mortificato, ignorato.

Una lapide mal posta, maltenuta, mal conservata dovrebbe ricordare, a noi anziani, ed additare, come esempio alle nuove generazioni, l’eccidio lì perpetrato di sacerdoti, civili e soldati nel 1943 da parte di soldati tedeschi ormai in ritirata. Essa porta inciso: “IL COMUNE DI CASERTA / ALLA MEMORIA DI / CARICATORE ANTONIO - SOLDATO / BORGIATTINO DOMENICO SAC. SALESIANO / CHIAPPELLA TOMMASO SAC. SALESIANO / CORATELLO FRANCESCO SAC. SALESIANO / DE GENNARO GIUSEPPE COORD. SALESIANO / BRANDI AGOSTINO / RAUCCI DONATO / BARBARAMENTE TRUCIDATI IL 28 SETTEMBRE 1943 / 25-4-1966” .

Solo chi già conosce questo triste pezzo di storia casertana- e sa che esiste in quel luogo una qualche cosa che lo ricorda- riesce a vedere questa lapide, posta tra sterpaglie che non hanno visto da anni una mano che le abbia estirpate, copertoni d’autocarri (di quelli che servono la vicina cava?) a modo di monumento funebre e “3 contenitori d’immondizia 3” come post-moderni portafiori posti proprio lì accanto da qualche improvvido. Chi é lo sciagurato che ha messo o fatto mettere “3 contenitori di immondizia 3” in quel luogo sacro alla memoria di quanti in questo mese ricordano amici, parenti e concittadini periti nei bombardamenti dell’agosto 1943; di quanti hanno ancor oggi le guance che bruciano per le lacrime allora versate per quelli che lì furono trucidati il 28 ottobre di quell’anno. Quei santi educatori e martiri certamente non hanno “meritato” con il loro estremo sacrificio una lapide “buttata” in un angolo, con colpevole ritardo, e poi dimenticata da tutte le amministrazioni della nostra città.

Oggi si adorna, giustamente, ogni crocicchio del centro della città. Ci facciamo belli. Tentiamo, almeno. Questo belletto costa, naturalmente.

Ed allora mettiamo la cosa sotto il profilo economico. Quanto costa eliminare quelle sterpaglie e quei copertoni? Quanto costa eliminare dalla immediata vicinanza della lapide quegli osceni “3 contenitori di immondizia 3” con tanto spazio libero intorno? Quanto costa la sistemazione di un’aiuola intorno a quella lapide? L’Amministrazione comunale si ridurrebbe in miseria se ci mettesse anche un piccolo recinto di rispetto ed una lampada votiva o tale da evidenziarla al distratto passante?

Certamente il costo del recupero di quell’angolo vergognoso é poca cosa. E’ senz’altro irrisorio di fronte al dovere di coltivare il rispetto della morte di innocenti, di additare quei santi educatori alle nuove generazioni, di perpetuare il loro ricordo a quanti li conobbero, li stimarono, li piansero.

Per quanti ignorano quella lapide (e come potrebbero notarla?), l’eccidio che commemora e le cause di esso (e chi ne parla?) riporto quanto sull’argomento è su “Estate 1943: Speranze, rovine e morte” di Michele Digli per la collana di “Memoria e storia- Lo Specchio”, affidandomi così a chi ha testimonianza del fatto e lasciando, a quanti lo desiderano, l’approfondimento storico e politico a testi specifici.

Caserta subì diversi bombardamenti, tutti nell’anno 1943, ed i più disastrosi furono quelli del 27 agosto, del 16 e del 17 settembre. “Dopo il bombardamento (del 27 agosto) la paura si era trasformata in terrore e l’unico pensiero che assillava noi tutti era quello di scappare dalla città”, scrive Digli. Molti casertani trovarono rifugio nelle frazioni della città, dove, dopo l’8 settembre, furono raggiunti dal proclama del colonnello School che “aveva chiamato in servizio obbligatorio tutti gli uomini, dalla classe 1910 alla classe 1925, per impiegarli nei lavori in città, ma quelli che incapparono nelle loro retate finirono deportati in Germania”, precisa Digli. Così molti giovani si diedero alla macchia e lo stesso Digli si aggregò “al raggruppamento attestato al di qua dei Ponti della Valle (lato Garzano-san Michele) “ che aveva lo scopo “di fermare, ad ogni costo, i Tedeschi nel caso avessero l’intento di far saltare i Ponti ….importanti non solo per il rifornimento idrico della città ma perché il loro crollo avrebbe ostruito la strada di accesso alla valle telesina”.

Quel 28 settembre vi furono contatti tra tedeschi e partigiani, gli uni in ritirata e decisi ad abbattere i Ponti, gli altri ad ostacolare ciò fino all’imminente arrivo degli Alleati.

“A mezzogiorno circa”, scrive Michele Digli, che quel giorno si trovava con il suo gruppo nella zona dell’Eremo di san Vitaliano, a Casola, ”sentimmo lo scoppio di una bomba, di quelle a mano, ma questa volta proveniente dalla zona di Garzano-san Michele, seguito, dopo pochi minuti, da parecchie scariche di fucili e mitra. Un partigiano aveva lanciato una bomba a mano contro una pattuglia tedesca uccidendo un militare. Di qui l’immediatamente reazione dei commilitoni sfogata contro vecchi inermi sacerdoti salesiani ed un militare ammalato, compiendo una delle efferate esecuzioni degne di una civiltà barbara.”

A questa testimonianza aggiungo i miei ricordi.

La mia famiglia sfollò a Casanova di Carinola. Il fiume Volturno ritardò l’avanzata degli Alleati e solo a marzo 1944 fummo “liberati”. Mio padre, appena possibile, raggiunse Caserta, pur tra molte difficoltà e qualche pericolo, per vedere se la nostra casa fosse ancora in piedi e per vagliare la possibilità di un immediato ritorno a casa. Al rientro a Casanova, mio padre ci riferì, tra l’altro, che alcuni sacerdoti salesiani, anziani, erano stati fucilati dai tedeschi. Forse tra essi, aggiunse commosso, c’era anche don Gangi, il mio amato direttore dell’Oratorio. Scoppiai in un pianto a dirotto che solo le carezze di mia madre riuscirono, anche se con difficoltà, a calmare ma non a domare: ogni tanto i miei occhi si inumidivano al ricordo di don Gangi. Tornato poi a Caserta ebbi la gioia di riabbracciare il mio don Gangi.

Signor sindaco Falco, signori Assessori, credete che, ieri l’altro, gli occhi mi si sono di nuovo inumiditi nel constatare il miserevole stato di abbandono della lapide commemorativa posta nel luogo dell’eccidio dal Comune di Caserta (solo) nel 1966.

E’ troppo chiedervi di porre attenzione a questo pezzo sanguinoso e sanguinante di storia nostra?

Caro amico Flavio Quarantotto, posso chiederti di fare da svegliarono al primo ed ai secondi secondo le loro competenze, ma anche al di là di esse?

A nome di tantissimi casertani resto in attesa, a breve, di positivo riscontro. Ne riferirò su queste pagine ai miei cortesi due lettori.

 La lapide che ricorda l'eccidio.

 

Foto di gruppo con cerchioni e  immondizia

 

 

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