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            Questa Settimana Santa -che si concluderà con la Resurrezione del
            Cristo, il pranzo pasquale e la gita di pasquetta, ormai da anni “fuori
            porta” per la felice scelta di chiudere il parco della Reggia alle
            orde dei gitanti, anche se così sparisce una delle poche tradizioni
            di Caserta- è stata ed è piena di manifestazioni e di eventi
            eccezionali. Infatti, oltre ai riti religiosi ed alle
            rappresentazioni sacre, questa settimana è caratterizzata dalla
            sempre più infuocata ed esplosiva situazione in Iraq, che fa
            incrinare qualsiasi solida convinzione, e dalle non casuali presenze
            artistico-culturali del discusso film di Mel Gibson, La Passione di
            Cristo, e del libro di Oriana Fallaci, La forza della ragione.
             Il libro della Fallaci ha scatenato ancora una volta dibattiti
            accesissimi tra chi lo difende come lettura realistica, anche se
            cruda, degli eventi scatenatisi dall’11 settembre e chi ne
            contesta l’estremismo espressivo e la visione apocalittica di
            scontro tra civiltà e religioni. 
            “La Passione di Cristo”, di Mel Gibson, è uscito in Italia
            mercoledì 7 aprile, mercoledì santo, data scelta non a caso ma in
            funzione di una precisa strategia di mercato a cui l’industria
            americana non fa mai a meno. Giustamente, visto che il film non è e
            non vuole essere un Quinto Vangelo. Né possiamo scandalizzarci
            proprio noi se non dimentichiamo che il “Gesù” di Zeffirelli
            -in diapositive con relativo proiettore, accompagnate da
            audiocassette e relativo lettore sincronizzato al proiettore- fu
            venduto a numerosissimi parroci per la proiezione del film anche
            nelle chiese. 
            La Settimana Santa è iniziata nel segno che evoca l’ingresso
            di Gesù in Gerusalemme: il ramo d’ulivo o palma. Laddove si è
            conservata la tradizione, dopo la Commemorazione dell’ingresso di
            Gesù in Gerusalemme con la benedizione delle palme, le Comunità
            parrocchiali, come la folla degli Ebrei, si è portata in
            processione intorno al Tempio, la propria chiesa parrocchiale. Il
            gioioso scambio della palma in segno di pace e fratellanza tra i
            fedeli ha chiuso il rito religioso, ma il segno della pace è stato
            da molti portato a casa per la benedizione da impartire alla
            famiglia nel giorno di Pasqua. E’ un’antica tradizione che non
            è sufficientemente stimolata e valorizzata dai nostri parroci, ma
            ancora viva negli antichi casali di Caserta. Molti ancora hanno
            conservato l’usanza di portare la palma ai propri defunti,
            deponendola sulle loro tombe o davanti elle foto esposte in casa:
            augurio che essi possano oggi essere in pace e dare pace e desiderio
            di farli compartecipi delle proprie gioie e delle proprie pene, oggi
            che possono comprenderle pienamente. 
            Il mercoledì, dopo il tramonto, come vuole la tradizione, nel
            refettorio dei Padri salesiani di Caserta, il gruppo di frequentanti
            il “Corso di ebraismo biblico” ha dedicato un incontro alla
            celebrazione della Pasqua ebraica, l’importante festa che
            commemora l’esodo del popolo d’Israele dall’Egitto. La festa
            è celebrata con un pasto cerimoniale - il sèder - che consiste di
            cibi prescritti, ciascuno dei quali simboleggia alcuni aspetti delle
            sofferenze patite dagli israeliti durante la loro schiavitù in
            Egitto: l’erba amara (la schiavitù in Egitto) intinta nell’aceto
            (le lacrime delle donne ebree in schiavitù) o nel Karoset
            (miscuglio di mele, noci, vino dolce, spezie in ricordo del
            miscuglio di argilla e paglia con cui facevano i mattoni in Egitto);
            il pane azzimo, come quello che portarono via dall’Egitto perché
            non aveva avuto il tempo di lievitare; l’uovo, simbolo di
            fertilità ma anche della fragilità dell’uomo, etc.. Durante il
            sèder, aperto con il canto di benvenuto "Hinne mah tov" e
            l’accensione delle sette luci della Memoràh, é stato narrato il
            racconto dell’esodo, intercalato dalle preghiere al Signore per
            ringraziarlo della sua protezione e da canti in ebraico fino al
            popolare “Alla fiera dell’Est” , metafora della sempre
            presente Giustizia divina. 
            Ma la Settimana santa, per noi cristiani, è tutta racchiusa nei
            riti e nelle tradizioni del Triduo pasquale, triduo della morte,
            sepoltura e risurrezione di nostro Signore Gesù. Di questi tre
            momenti, quello della sepoltura, con la visita dei fedeli al
            cosiddetto “Sepolcro” e la celebrazione comunitaria della Via
            Crucis, è quello più sofferto e più carico di storia umana. Il
            tramonto della civiltà contadina è leggibile anche nella sempre
            carente presenza nei “sepolcri” dei semplici addobbi floreali
            ottenuti dalla germinazione del grano: quanto tempo ancora
            resisterà questa tradizione? Invece il tradizionale “struscio”
            -nome onomatopeico derivante dallo “strusciare “ delle scarpe
            dei fedeli recantisi in folla, e perciò lentamente, da un “sepolcro”
            all’altro e il “frusciare” dei vestiti nuovi indossati per l’occasione,
            eccezionale, di mostrarli a tanti altri- è in pratica sparito,
            forse per lo spostamento delle funzioni nelle tarde ore serali e per
            gli orari di lavoro sempre più totalizzanti. 
            Resiste la Via Crucis, anzi ha nuovo vigore, per l’impulso
            dovuto alla ripresa televisiva di quella che si svolge al Colosseo
            nonché per alcune efficaci spettacolarizzazioni che richiamano
            folle di fedeli e di curiosi. L’antica processione del Calvario,
            con il Crocifisso e l’Addolorata della chiesetta di s. Giovanni
            Battista, ormai non si svolge più. Ma il grande Crocifisso -esposto
            nella chiesetta, il Venerdì Santo, come pietoso corpo deposto-
            suscita ancora pietà e devozione negli antichi fedeli, che non
            tralasciano di visitarlo, confidargli pene ed afflizioni,
            rivolgergli preghiere e ringraziamenti.
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