Presentazione di "Mai più schiave" di S. Rita Giarretta

Caserta - 17 Maggio 2006

Articolo di Marilena Lucente


Caserta, 17 Maggio. I vestiti sono bellissimi. Con i colori sgargianti, che sanno di terre lontane. E i volti pure. Pieni di luce. Le donne africane rubano gli sguardi. Ma ci sono anche le ragazze dell’est, che riconosci dai sorrisi timidi. E, come in crescendo, ci sono gli occhi brillanti delle suore. Sono venute da Vicenza. A festeggiarla. E poi ci siamo noi, tanti, tante, della città. Per amicizia, curiosità, rispetto. Nel Vescovado, giovedì 17 Maggio, c’è finito un pezzo di mondo. Gli accenti del nord e quelli del sud si confondono, si salutano con i baci le vecchie conoscenze e con cordialità le facce di quelli che mi sembra di conoscerlo ma non so dove l’ho visto. A festeggiare Suor Rita che, con tutto quello che fa, ha trovato anche il tempo di scrivere un libro: "Non più schiave. Casa Rut, il coraggio di una Comunità", Marlin edizioni. Un libro doloroso e viale, che racconta la storia di Casa Rut e le storie che nella Comunità si sono intrecciate. Correva l’anno 1995. “Le suore con la bicicletta, così erano chiamate le Orsoline all’inizio” racconta commossa Lidia Luberto che ha aperto la serata. Tra le suore in bicicletta sgambettava anche Suor Rita che ha aperto un centro di accoglienza per le donne immigrate. Un impegno quotidiano, in dialogo faticoso con le istituzioni e con la città, chiamata a farsi essa stessa spazio di accoglienza. “Bisogna mettere sulla pelle la camicia dei poveri” - ha detto Giuliana Martirani, presente all’incontro - “Un giorno il Signore ci rovisterà il guardaroba, e vedrà cosa abbiamo importato e cosa abbiamo esportato, quello che abbiamo preso e quello che abbiamo dato”. Una metafora vestimentaria per indicare un modo speciale di entrare in relazione con gli altri. Ed è lei che, si racconta nel libro, ha dato l’idea di metter su bottega a Casa Rut e di aprire una cooperativa di lavori femminili, divenuta poi la NewHope. E dei modelli di missione al femminile ha parlato anche il vescovo Nogaro, da Simon Weil a Madre Teresa, le donne sanno dare dignità perché vedono in ogni volto che ha bisogno il volto del proprio figlio, del Figlio. “Ma bisogna ricordare anche quello che questo libro non dice”, puntualizza Sergio Tanzarella, “Mancano le amministrazioni locali, sembra che sia stato scritto in una terra di nessuno, proprio come molti di noi occupano una terra abbandonata”. C’è un passaggio del libro in cui Suor Rita racconta di aver regalato al Presidente della provincia e al Presidente della regione un grembiule realizzato dalle donne della Comunità. Un grembiule per poter lavorare concretamente, liberandosi dalle logiche di potere, finanche del potere sulle coscienze. Un grembiule, lo stesso che don Tonino Bello si augurava dovesse essere indossato dalla Chiesa, che non è stato utilizzato dagli amministratori, ma che dà conto del modo di intendere il servizio a casa Rut. Non già semplice assistenza, ma impegno concreto. E’ lei a chiudere la serata raccontando dell’amore, della passione della vita: “Più senti di dare vita all’altro, più la tua vita rifiorisce. Ed è un’esperienza stupenda generare vita. Proprio per questo oggi c’è bisogno di relazioni libere e liberanti tra uomo e donna”.
“Dov’è tua sorella?” chiede il vescovo nella sua lettera al fratello cliente – letta da Pierluigi Tortora. “Tu fratello cliente sai bene dov’è tua sorella, sai bene dove sono le tue sorelle! Sono là sulla strada, sia quando il freddo penetra la carne, sia quando il sole brucia la pelle. Sono là ad aspettare il tuo arrivo…”. L’esperienza personale di Suor Rita, nella commozione felice della serata, racconta che solo l’incontro con l’altro, con l’altra, permette poi di mettersi in gioco, di aprirsi e di cambiare. Ed è chiaro, anche se nessuno l’ha detto, che tutto questo richiede soprattutto autenticità, sincerità. Non si può non essere se stessi, non si può barare di fronte alla sofferenza.
 

 

 

 

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