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Grazie a Nino Iorlano e Vania Palmieri, autori di "Lioni nei ricordi", per la concessione di alcune immagini.


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Mia mamma era ‘taliana!

A trent’anni dal sisma nell’Irpinia.....

Articolo di Lorenzo Di Donato

Fine novembre 1990. Con mia moglie Gina sono a Red Bank, nel New Jersey (U.S.A.), in un negozio di camicette e magliette, alla ricerca di qualcosa di sfizioso da portare a figli e nipoti lasciati temporaneamente a Caserta per conoscere la nostra nipotina Sara nata negli USA lo scorso ottobre. Anna, nostra nuora, ci accompagna anche per farci da interprete in quanto io e Gina non abbiamo conoscenze della lingua inglese avendo studiato il tedesco -grosso modo, in verità- negli anni del liceo.
Gina ed Anna sono subito impegnate ad osservare, palpare, commentare, scartare, vedere le misure dei vari indumenti ed infine mettere da parte i possibili acquisti, mentre la padroncina del negozio, una brunetta minuta e paffutella, osserva paziente la lunga operazione della scelta, in cui anche io sono coinvolto, me malgrado, per un platonico ultimo giudizio. Ogni tanto il suo sguardo passa da me a Gina con forte attenzione se non con insistenza. Pensando di far cosa grata alla signora, sollecito Gina a ultimare le scelte ancora più rapidamente di quanto lei fosse solito fare.
Infine Anna chiede i prezzi dei singoli capi scelti, ma la brunetta, indicando noi, le chiede: “ Di dove sono? Sento che parlano una lingua che mi par di riconoscere, ma non ne sono sicura.”. Alla risposta di Anna “Sono italiani; siamo italiani”, la brunetta si turba profondamente ed esclama: ”‘taliana! ‘ta-lia-na!”. Passa, quasi balza, dall’altra parte del banco, ci abbraccia e bacia commossa mentre aggiunge: ”Mamma mia era ‘taliana! Yes! Era ‘taliana! Tre anni…é morta, yes, e io nun parlo cchiù ‘ta-lia-na!”.
Contraccambiamo gli abbracci ed i baci e, un poco divertiti dell’incontro e molto incuriositi del suo strano italiano, le chiediamo il paese o la città di origine della mamma. Si sforza di ricordare e poi dice.” Paese suo….’u terremoto, ‘u terremoto, ‘u terremoto,...”. Io e Gina pensiamo subito al terremoto nell’Irpinia perché qualche giorno prima era ricorso il decennale dell’infausto evento e, nel tentativo di aiutarla a ricordare, elenchiamo ” Sant’Angelo, Conza, Teora, Lioni,….”. E Lioni accende gli occhi della brunetta che esclama: “Lioni! Yes! Lioni! Mia mamma …Lioni! Morti; morti; quanti parenti morti…”.

La sera del 23 novembre 1980 sto guardando la TV in attesa della cena.
All’improvviso va via la corrente elettrica e la mia casa incomincia a vibrare sempre più fortemente e sembra muoversi su rulli con un rumore di cingolato in movimento. Non so come, mi ritrovo in ginocchio con una mano stretta forte a quella di Gina, anche lei in ginocchio accanto a me, con figli e nonna che gridano spaventati. “Non vi muovete. Non scendete le scale”, raccomandiamo. Poi mi sento mormorare: “Ma non finisce mai?”. Poi finisce, finalmente. Aspettiamo ancora qualche secondo. Cerco la torcia elettrica che per fortuna è al suo posto. Chiamiamo i figli e soccorriamo la nonna Lucia, che é quasi in uno stato confusionale. Poi ritorna la corrente elettrica. Quindi facciamo un rapido controllo dello stato della nostra casa: solo una piccola lesione in una parete.
Dopo un poco sentiamo delle auto che arrivano nella nostra stradina e si portano in un vicino campo incolto ed abbandonato disponendosi quasi in cerchio. I miei figli più grandi, Pia ed Emilio, vanno e vedere e ritornano dicendo che hanno trovato lì un gruppo di persone spaventatissime, anche con bambini, disposte a passare la notte in auto pur di trascorrerla in relativa tranquillità. Hanno acceso un piccolo fuoco al centro … dell’accampamento, perché la notte è fredda.
Gina, come al solito generosa e pratica, subito si organizza: appronta una grossa pentola di the bollente e prende grosse tazze, cucchiai e tutti i biscotti disponibili in casa,. Mi arruola nel neonato drappello della <Protezione Civile> e ci presentiamo così nel piccolo accampamento accolti da benedizioni e ringraziamenti. Invitiamo una famigliuola con due bambini a pernottare a casa nostra.
Torniamo a casa verso le 22 e ascoltiamo le prime notizie delle località colpite dal sisma: Sant’Angelo, Conza , Teora, Lioni,…
Pia ed Emilio vanno in esplorazione dei loro amici. Ritornano poco dopo ma sono in apprensione per la famiglia di Peppe, loro amico, la cui abitazione, a circa duecento metri da noi, ha avuto delle consistenti lesioni. La famiglia di Peppe vorrebbe andare da qualche parte ma non sa decidersi per la presenza dell’anziana nonna. Andiamo dalla famiglia di Peppe e l’invitiamo a venire a casa nostra: “Non vi preoccupate. C’è posto e la nostra casa è solida” assicuriamo.
Non so ancora oggi perché la mia villetta fosse più sicura dell’abitazione dei nostri ospiti, ma so che quella notte, e la successiva, fummo in diciotto a dormire a casa. Forse fu il nostro caldo cuore a far sentire tutti più sicuri.
Certamente fu il nostro cuore a decidere, all’unanimità, di devolvere per le prime necessità delle vittime del sisma quanto avremmo speso per i regali da mettere sotto l’albero di Natale. E non fummo gli unici, quell’anno.

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