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S. Leucio: non solo Seta

L'imprenditorialità di Re Ferdinando: "che nel suo Regno prosperi qualunque arte o lavoro"

Articolo di Ferdinando Ghidelli

Nel corso dei miei studi universitari, ho avuto modo di consultare gli atti del notaio casertano Salvatore Pezzella. Vorrei cogliere l’occasione per condividere alcuni elementi di valutazione relativi agli aspetti economici e sociali dell’epoca, in particolare della Reale Colonia di San Leucio nel fine ‘700.
Conosciuta in tutto il mondo per la rinomata produzione serica originata da un esperimento utopico di “socialismo patriarcale”, la Colonia, attraverso i suoi governanti, si apprestava a vivere nuove realtà che avrebbero dovuto allargare e potenziare il tessuto socio-economico locale.
Il contratto (datato 29 gennaio 1796), stipulato tra Luigi Balastron -lavoratore di pelli proveniente da Grenoble- e l’amministrazione di San Leucio, precisa testualmente la volontà del Re Ferdinando che: “interessato al bene dei suoi popoli ed a far si che nel suo Regno prosperi qualunque arte o lavoro…..” , prevedeva l’impianto, nei pressi di Briano, di una fabbrica di guanti. A tale scopo l’amministrazione di San Leucio avrebbe finanziato il suddetto Balastron, anticipando la somma di 2.000 ducati necessari all’acquisto dei vani nei quali esercitare l’attività. Tale denaro sarebbe stato restituito entro 8 anni e senza interessi. L’artigiano si era offerto anche di lavorare la pelle conciata ad olio e la concia di pelle per calzature. Si sarebbe avvalso inizialmente di due operai. Esattamente due anni dopo ( 19 febbraio 1798) si diede luogo ad un altro contratto tra Stefano Jourdan, sempre di Grenoble, e l’amministrazione di San Leucio per la creazione di una fabbrica dello stesso tipo ed alle stesse condizioni, ubicata in Vaccheria. Di questo accordo si conoscono anche dei particolari che vale la pena di raccontare. In effetti il contratto era la traduzione in italiano di un altro già stipulato in data 2 novembre 1797 nella sede dell’Ambasciata di Vienna. Il Marchese del Gallo, ambasciatore a Vienna del Regno di Napoli, si accordò con Jourdan (in quel momento dimorante a Vienna) per il suo trasferimento a San Leucio insieme alla famiglia con l’aggiunta di 6 operai da lui stesso da reclutare in Sassonia e nel Brandeburghese. L’artigiano ricevette, a titolo di recupero spese, la somma di 250 ducati anche per ripagarlo delle ulteriori somme impiegate per trasferire la famiglia (8 persone!) da Grenoble a Vienna. Per compiere questa non semplice operazione fu necessario affittare due grandi carrozze che avrebbero dovuto,poi, condurre tutti i partecipanti da Vienna a Napoli. Era previsto, inoltre, che i contraenti potevano in qualsiasi momento recedere dal contratto (per motivi di salute o di ambientamento) e tornare ai luoghi d’origine con il viaggio pagato.
La cura dei particolari (ne ho citati solo alcuni) denota una ferma volontà di creare nuove iniziative imprenditoriali andando a scegliere il meglio che il mercato offriva a quel tempo. Non voglio credere che in Italia non esistessero artigiani con una qualifica simile.
Da quanto risulta, però, il secondo contratto non produsse risultati positivi, infatti dopo poco tempo(28 novembre) lo Jourdan cessò l’attività. Tutte le attrezzature e le mercanzie furono assorbite dalla fabbrica di Briano. Non è dato sapere le ragioni di questo fallimento. E’ probabile che uno dei motivi possa essere stato l’avvicinarsi delle truppe napoleoniche al Regno di Napoli ed il relativo allontanamento di alcuni francesi dimoranti nel regno.
In effetti nel mese di dicembre Ferdinando IV abbandonò Napoli per rifugiarsi a Palermo a causa dell’invasione francese.

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