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Claudio Ansanelli


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Claudio Ansanelli presenta la sua opera prima "Prima le cameriere e poi le vongole"

aprile 2014

Articolo di Massimo Pieri

martedì 15 aprile alle ore 17:30, presso l'EPT di Caserta, nella sede di Palazzo Reale presentazione di "Prima le cameriere e poi le vongole" di Claudio Ansanelli

Caserta Musica e Arte incontra Claudio Ansanelli, scrittore di origini romane che da tempo vive e lavora in Campania, alle prese con la sua folgorante opera prima.

Massimo Pieri: Quando hai cominciato a scrivere?
Claudio Ansanelli: Ho cominciato a scrivere molto presto ma non più presto di altri. E' stata una specie di avventura perché io vedevo tutte quelle lettere ma mi sembravano inutilmente complicate. Poi ho cominciato a fare delle aste, intere paginette e poi sono andato avanti. Adesso scrivo senza difficoltà: distinguo «ha» di avere da «a» preposizione. Con le doppie ci prendo quasi sempre, ma a volte continuo a sbagliare. C'è una persona che mi ha avviato alla scrittura, ha avviato me come altri che seguivano il suo corso. Noi la chiamavamo maestra. Probabilmente aveva anche un nome, ma avevo cinque anni e non lo ricordo.

M.P.: A parte gli scherzi, qual è stata l’idea che ha dato vita al romanzo?
C. A.: Non avevo un'idea precisa di dove sarei andato a parare scrivendo "Prima le cameriere e poi le vongole". In realtà non sapevo nemmeno che avrei scritto un romanzo. Pensandoci bene mi sa che nemmeno sapevo la differenza tra romanzo e racconto. Avevo solo chiaro che avrei dovuto scrivere qualcosa. In realtà avevo bisogno di combinare qualcosa di buono, qualcosa che fosse riconoscibile come prodotto della mia fatica. Avrei potuto fare un mobile, ma non sono portato per i lavori manuali, o anche pescare perle nel Pacifico, ma non so andare sott'acqua, quindi mi restavano poche alternative. Ho pensato allora di scrivere, perché il mio capo di un tempo mi aveva detto che scrivevo bene. Naturalmente lui si riferiva a tutt'altro genere di scrittura, mica alla narrativa, ma io ho fatto finta di niente e mi sono buttato lo stesso. Mi sono detto: «Bene. Scriverò un libro!» e così ho cominciato a raccontare. Credo di aver messo giù della roba davvero noiosa. Una tortura per chi ha dovuto leggerla. Le facce imbarazzate di amici e parenti mi hanno convinto che avrei dovuto rivedere qualcosa. Poi credo di essere migliorato, di aver acquistato un po' di mestiere e cominciato a scrivere qualcosa di decente. Quindi con l'incoscienza dei neofiti ho scritto il primo capitolo, il secondo e così via senza avere un'idea precisa di quello che avrei scritto e di come si sarebbe concluso. Ho fatto insomma tutto quello che uno scrittore non dovrebbe fare e infatti ho fatto una faticaccia per trovare il bandolo della matassa.

M.P.: Scrivere è un modo per parlare di te o suggerire qualcosa agli altri?
C. A.: Penso che scrivere sia molto faticoso, oddio scaricare cassette della frutta al mercato lo è immensamente di più, però scrivere richiede un certo impegno. Naturalmente questo vale per me, che forse ho meno talento di altri o sono eccessivamente critico con me stesso. E' difficile trovare qualcosa di interessante da raccontare ed è altrettanto difficile riuscire a raccontarlo in maniera originale. Naturalmente quando si scrive credo che si parli sempre di sé, delle proprie esperienze. Credo sia difficile non partire dal vissuto, pure se si scrive di Fantascienza. E così anche in questo romanzo, c'è molto di me in tutti i personaggi, sebbene non ci sia un personaggio Claudio Ansanelli. No aspetta... Ora che ci penso, credo di esserci anch'io... Ma sì certo, io sono il cane.
Quanto a suggerire, beh non penso di poter suggerire niente a nessuno, al massimo posso offrire una mia visione delle cose, qualcuno magari potrebbe scoprire di ritrovarcisi o cose del genere.

M.P.: Il tuo romanzo è ambientato a Napoli, sarebbe stato possibile ambientarlo in un'altra città?
C. A.: Napoli è una città che si presta bene a raccontare storie. Vorrei evitare banalità tipo: «E' un teatro a cielo aperto». Però sicuramente non è una città ingessata, ma magari dico una stupidaggine in fondo mica ho vissuto in molte altre parti, magari San Francisco o Castellammare del Golfo andrebbero bene lo stesso. Il romanzo è ambientato in questa città perché è quella che conosco meglio, nella quale mi so muovere meglio con i personaggi, ma modestamente il romanzo ha un respiro internazionale con puntate ad Amsterdam, in Lituania, fino ad arrivare nell'altro emisfero.

M.P.: "Prima le cameriere e poi le vongole" è un titolo un po' particolare, perché questa scelta?
C. A.: Mi sembrava un titolo simpatico, anche intrigante. E' una frase del protagonista che è totalmente fuori luogo dato il momento in cui la pronuncia. E' forse una frase che in qualche maniera descrive abbastanza bene la stranezza del personaggio principale. In effetti per molti è stato anche un piacere scoprire il nesso che lega queste due categorie del mondo animale. Naturalmente quella frase non è la chiave del romanzo, non è una storia di colf e molluschi, ma è un'ottima frase per un titolo. "Prima le cameriere e poi le vongole" è bello, forse è un titolo un po' troppo leggero, da l'idea di un romanzetto non troppo impegnativo. E' un bene?

M.P.: Perdonami ma le domande le faccio io…
C. A.: Scusa, dovrei astenermi, ma come si dice la domanda era d'obbligo. Beh non so se è un bene perché poi la storia non è cosi frivola, conosco una lettrice che leggendola ci ha anche pianto, ne conosco molti altri che hanno sofferto insieme al protagonista, per cui forse avrei dovuto trovare un titolo più drammatico. Perché non l'ho fatto? Okay, okay le domande le fai tu, quindi a questa non rispondo, dico solo che Prima le cameriere e poi le vongole può definirsi un romanzo di formazione, la storia di un uomo un po' ingenuo che quasi masochisticamente sceglie di tentare il grande salto da agente immobiliare a immobiliarista, un passaggio che richiede una buona dose di scaltrezza, di cattiveria, di cazzimma come direbbero a Napoli, che Biagio Arena - il protagonista - non possiede.

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