Pietro Condorelli: “Easy”

Red Records  - 2005

recensione di Enrico Taufer


Pietro Condorelli noto e stimato chitarrista casertano dà alla luce Easy, suo secondo lavoro discografico per l’etichetta Red Records. Un lavoro che fin dal titolo evoca assonanze e suscita curiosità interpretative, suonando come beffardo pronunciamento sulle labbra di chi sperimenta la quotidianità delle nostre plaghe meridionali, dove niente è mai, realmente, facile.
Il progetto artistico di Condorelli è sostenuto da un ensamble di musicisti di tutto rispetto, dalle molteplici esperienze musicali, dove a Francesco Nastro (pianoforte), Fabrizio Bosso (tromba e flicorno) Pietro Ciancaglini (contrabasso) e Pietro Iodice (batteria) già sodali di Condorelli nel precedente progetto discografico Quasimodo, si affiancano Daniele Scannapieco e Jerry Popolo ai sax e Roberto Schiano al trombone.


Fin dai primi ascolti si chiarisce la cifra stilistica, il sottile filo rosso che si dipana attraverso questa variegata collezione di composizioni originali e standards moderni. Easy è un bisogno di leggerezza. Easy è un moto dell’animo, un anelito di levità in gioiosa e mai banale risposta ai tormenti dell’esistenza. La levità si attinge attraverso la misura, sembra suggerire Condorelli con il suo lavoro, richiedendo a tutti i suoi musicisti un apporto profondo e personale al progetto e ritagliando per se uno spazio essenziale, in cui non c’è mai tecnica fine a se stessa, ma l’abilità è piegata alla trasmissione di una sottile emozione.


Easy sembra essere un approdo nella ricerca umana e musicale di Condorelli. In esso confluiscono quindi gli echi e le suggestioni di un percorso jazzistico di lunga durata, passando da leggere suggestioni verso il Pat Metheny minore (M.L. Samba), a rimandi di una fusion anni ottanta fino a giungere ad atmosfere più acid jazz negli ultimi brani più modaioli e groove. L’esito di questa scelta stilistica non è uniforme, laddove esistono momenti in cui la matura finezza interpretativa dell’ensamble lascia il segno, penso soprattutto a Full house e Del Sasser, associati ad altri un pò meno felici in cui abbiamo passaggi più didascalici, quali Bedouin e Red Apple Jam, dove l’aderenza al motivo unificatore appare più stucchevole e fine a se stessa.
Un discorso a parte merita Y todavia la quiero, sintesi icastica ed esito mirabile di questo progetto.
Ogni musicista sembra raccontarci la sua esperienza umana, tra le note rimangono impigliati frammenti delle piccole emozioni inespresse ma continuamente accarezzate ad ogni amore naufragato. Respiriamo l’eco di speranze malferme, la fragile sicumera di chi parte, la coscienza che esserci arricchisce sempre ma non è mai veramente Easy.

 

 

La copertina del CD

 

 

 

 

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