Caserta 16 Novembre. Come sempre, un grande autore si riconosce dall’
attualità del messaggio che porge; e un grande attore dalla intensità del
messaggio che trasmette. Su Eduardo non c’erano dubbi. Pietro Longhi, diretto
da Silvio Giordani, ne è buon portavoce, quando, come è successo Venerdì sera
al teatro Don Bosco, incarna il disagio di una famiglia della Napoli-bene del
dopoguerra, con tutti i fardelli dei dopoguerra: caduta di valori, illusioni
perdute, distruzioni di miti. Sembra ieri, ma non è uguale ad oggi? Le “ due
specie di disordini: finanziario e morale” sono più che mai attuali, e così il
“dopoguerra” diventa un fatto privato: ci sarà allora un padre che perde
autorità, una madre fragile e forte insieme, nell’errore e nell’ammenda, ed i
figli che tentano il distacco dall’alveo familiare scegliendo l’affrancatura
peggiore, perché più mesto e consapevole ne sia il ritorno.
Giordano non si discosta di molto dal testo originale, efficace anche la
sceneggiatura, un po’ meno la scelta di approdare alla fine di ogni atto con un
sottofondo di musica napoletana che tanto sottofondo non era e che copriva in
parte le battute di fine atto. Longhi (ex studente salesiano) è un intenso
Alberto Stigliano, volutamente misurato ed amaro, ma appassionato (“quando in
una famiglia c’è qualcuno che cade si trascina tutti appresso…”), la Baggi è un
po’ più ingessata nel ruolo, ma le sorti si risollevano con i due caratteristi
Sandra Caruso e Arturo Fulfaro che vestono spassosamente i ruoli rispettivi di
Maria (la cameriera) e Guidone (o’ femmeniello); un plauso generale va comunque
a tutta la compagnia, che ha saputo misurarsi con un’opera non facile, amara,
acuta e a tratti divertente e paradossale, e al teatro ospite che ha sfidato un
venerdì 17 e, in barba a tutte le superstizioni, ha fatto il pienone!
consulta: Teatro Don Bosco: stagione
teatrale 2006/2007 |
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