Eremo visibile/invisibile: "The tammorra displaced"

Casola (CE) –  26 Agosto 2005

Articolo di Francesco del Prete, foto di P. Di Donato


Casola, 26 Agosto. Per la rassegna”Eremo visibile\invisibile” l’etnomusicologo Augusto Ferraiolo ha presentato, in anteprima, il film da lui realizzato in collaborazione con Paolo Favero, the tammorra displaced.
…E’ la seconda volta (la prima è stata a casa dell’autore) che ho potuto assistere alla proiezione del corto e devo dire che per quanto mi riguarda potrei rivederlo ancora molte volte senza annoiarmi, in primo luogo perché il filmato stesso è bello, veramente bello, girato con la “tecnica” del videoclip, immediato, con cambi di scena improvvisi ,dissolvenze a palate, flash a velocità subliminale. In secondo luogo perché gli spunti che esso offre sono davvero tanti: le feste mariane con le scene di donne in trance, l’urbanizzazione selvaggia contrapposta alla vita contadina, le lotte operaie ed il ricordo dei drammatici fatti della fabbrica Flobert, l’inquadratura iniziale con Antonio Esposito che costruisce la tammorra che non a caso è anche l’ultima e Marcello Colasurdo che rappresenta il classico, ma non troppo, della musica popolare.
Chi non è a digiuno di “cose popolari” potrà trovare, sbagliando, "The tammorra displaced" superficiale, non esaustivo, addirittura in alcuni momenti “poco tradizionale”.
In realtà è lo stesso Augusto a rispondere a questi dubbi affermando che lo scopo del film non è certo quello di fare un opera enciclopedica sulla tammorra e la tammorriata magari da vendere in comode uscite settimanali per Del Prado, Hachette, Fabbri o De Agostini. Non sarebbero bastate 400 ore di filmato per riuscire a confezionare un mattone del genere.
Scopo del filmato, piuttosto, è provocare lo spettatore, scioccarlo con la contrapposizione tra tradizione e modernità, offrirgli spunti di discussione e di approfondimento. Quello che interessa all’autore è il primo livello, quello della sensazione. L’intenzione è quella dell’opera aperta che lascia al lettore la possibilità di essere compartecipe della realizzazione. Certo richiede un minimo di sensibilità antropologica, ma non necessariamente di sapere come viene suonato o come viene prodotto il tamburo che è l’elemento di giunzione dell’intero filmato. Ecco perché all’interno del cerchio della tammurriata si trovano anche degli etnoantropologi del Connecticut che dimenticano l’antropologia e si buttano a ballare magari con i 'no global'. Ecco la storia è questa: la tammorriata esce dalla Campania, arriva in America e ritorna da noi con la Jennifer che nel film balla meglio di quanto possiamo farlo noi!
E se qualcuno spera di trovare risposte per quanto riguarda l’eterna diatriba sul fatto che la tammurriata e la musica popolare debbano essere fedeli il più possibile alla tradizione e rimanere ancorate ai propri canoni o se debbano evolversi senza paura di perdere qualcosa che ormai appartiene al passato sbaglia perché per Augusto e anche per me la risposta non esiste, o se vogliamo dirla come Bob Dylan: “the answer my friend is blowing in the wind”.
 

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Augusto Ferraiuolo

 

 

 

 

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