Intervista esclusiva a Ian Paice, batterista dei Deep Purple

Caserta - 17 Marzo 2006

Intervista di Emilio Di Donato, foto di Marta Di Donato


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Caserta, 17 Marzo, ore 20,30. 

“Prego, accomodati nel mio ufficio” ammicca ironicamente Ian Paice indicandomi la modesta seggiola di vimini accanto alla sua, nello spartano camerino adiacente il palco. E’ cordiale e molto ben predisposto, il suo semplice "ciao, come stai" accompagnato da un sorriso e una stretta di mano, mi fanno per un attimo dimenticare che ho dinanzi uno dei miei musicisti preferiti, la cui musica mi ha incessantemente accompagnato da quando ero da ragazzino fino ad oggi (trovo anche gli ultimi dischi dei Deep Purple veramente molto belli), e che ascolto continuamente ad alto volume insieme a tutti e tre i miei figli, che hanno ereditato da me lo stesso amore per la sua musica. Ok, insomma ci accomodiamo e iniziamo a parlare.

L'intervista

Continuo a meravigliarmi dell’alto livello dei lavori recenti dei Deep Purple. Gli ultimi album “Bananas” e “Rapture of the deep” sono pieni di vitalità creativa. Come fate a mantenere alto il livello di innovazione in un gruppo attivo da quattro decenni, in inusuale controtendenza a quanto fanno molti gruppi altrettanto blasonati?
Sì, tanti gruppi del passato hanno smesso o non hanno più la stessa energia. Riguardo alla innovazione, penso a John Lennon, qualcuno gli chiese perché i suoi nuovi dischi erano così differenti da quelli che aveva fatto in passato. Lui rispose “io non sono più lo stesso di allora, non sono più un ragazzo di ventidue anni e ora ho altre cose da dire”. E penso che quando ti circondi di buoni musicisti, gente di talento, c’è sempre la necessità di andare oltre. Non è nei miei piani ripetere cose fatte in passato, sono molto buone ma appartengono al passato. Fintanto che la gente ama la musica contenuta in quegli album, possono trovarla in quei dischi, fatti in un tempo meraviglioso ma differente da questo. E noi dobbiamo andare oltre, o diventeremmo semplicemente una gruppo per nostalgici, sarebbe OK ma non ci sarebbe molto divertimento nel farlo. Quando abbiamo la possibilità di entrare in studio, ed avendo grandi musicisti nella band, la creatività non è certo un problema. Quando iniziamo a lanciarci a vicenda le nostre idee musicali, è eccitante vedere che cose nuove nascono e altre vecchie ritornano.

Come nascono le composizioni negli ultimi album? Nascono suonando insieme o le create separatamente?
Talvolta uno o due di noi vengono con delle idee che sono quasi finite, comunque non sono canzoni complete ma solo delle idee. Se sono buone idee e piacciono agli altri ci lavoriamo su, e vediamo se possiamo trasformarla in una canzone dei Deep Purple. La maggior parte delle volte la musica è creata da solo due musicisti, che possono essere me e Steve, o me e Don, oppure Don e Steve. Quando due di noi si lanciano idee a vicenda, c'è la libertà di interagire e di modificare il brano e portarlo a qualcosa di totalmente remoto dall’idea iniziale; puoi continuare a suonare insieme a lungo, anche per un’ora, e cinquantacinque minuti possono essere spazzatura, mentre cinque minuti, o magari solo un minuto, contengono una buona idea. E’ solo una questione di provare e cercare, e di esportare la le tue conoscenze e feeling musicali verso un altro musicista che può avere una differente idea; finchè tieni acceso il registratore per tutto il tempo questi spunti non vengono persi. Se dici “c’è una frase che abbiamo fatto un’ora fa che mi piaceva” allora ok, prendiamo solo quella, e da ora lavoriamo a partire da lì. Ci sono spesso solo due musicisti, come Steve e me, perché quando hai uno strumento ritmico ed uno melodico hai una libertà assoluta. Se vuoi cambiare la sequenza di accordi puoi farlo subito, se vuoi cambiare chiave o fare qualcosa di totalmente nuovo puoi farlo in un attimo. Analogamente se voglio cambiare il tempo. Se ci sono più di due persone allora tutto diventa più difficile, perché devi cercare di prendere idee dall’aria, nulla esiste veramente, stai cercando di creare una specie di magia, creare qualcosa dal nulla. 

 

L’ultimo album “Rapture” è stato registrato interamente in questo modo. C’è stato molto molto poco di già preconfezionato. Ogni giorno andavamo in studio e avevamo nuove idee. Facevamo delle jam di improvvisazione di mattina, creavamo un arrangiamento del brano nel pomeriggio, e registravamo il giorno successivo. Ed ogni giorno applicavamo questo metodo, così in tre settimane in studio abbiamo creato dodici - tredici brani, tutti molto diversi, ma comunque correlati l’uno con l’altro perché sono stati creati in un tempo così breve.

 

Cosa pensi delle tecnologie digitali ormai adottate ovunque in sala di registrazione?
Fare dischi utilizzando il computer è indubbiamente più facile, hai la possibilità di poter fare errori e poterli rimuovere in un attimo. Da anni in sala si registra utilizzando il click (metronomo) e questo per noi batteristi ha comportato una vera rivoluzione. Prima il gruppo seguiva il tempo del batterista, che poteva così dettare dinamiche, accelerazioni e ritardi, e i brani venivano di una musicalità molto naturale. Con l’adozione del metronomo durante la registrazione, è ora il batterista che deve cercare di seguire il click, e quindi non ha più il ruolo guida di una volta. Questo ha portato sia all’appiattimento della ritmica, che alla difficoltà di riconoscere un batterista dall’altro. Negli anni 60 e 70 il tocco dei batteristi era inconfondibile, potevi distinguere immediatamente chi stava suonando in un disco. L'utilizzo del metronomo ha ovviamente i suoi vantaggi. Il pro dell’utilizzo del click in registrazione è la possibilità, dopo avere registrato, di avere battute di lunghezza identica e quindi facilmente intercambiabili col computer. Puoi così sostituire una battuta suonata male con una suonata bene, o arrangiare il brano semplicemente spostando le battute. Insomma, registrare è più semplice.


I brani hanno stili molto diversi tra loro. Questo è stata una scelta iniziale, di inserire nel disco una ballad, poi un blues, poi un brano hard rock e uno funky e così via?
La nostra scelta è “non facciamo il prossimo brano simile al precedente”. Cosa stiamo per creare non lo sappiamo, ma sappiamo solo che se abbiamo fatto un brano heavy lento, il prossimo può essere di qualsiasi genere, eccetto … un heavy lento. Possiamo lavorare su una canzone blues, e la successiva non deve essere un blues, ma altro. Cerchiamo di mantere questa varietà sempre.

Chi è che impone disciplina al gruppo, visto che i vostri brani sono spesso complessi e richiedono una disciplina comune per poterli realizzare?
Musicalmente nessuno di noi impone nulla agli altri, facciamo solo quello che ci piace e reputiamo interessante. La disciplina è demandata al produttore dell’album. I musicisti tendono a diventare pazzi, specialmente in studio. C’è chi vuole provare un brano una volta ancora, o apportare dei cambiamenti, o registrarlo nuovamente per migliorare un passaggio, e così via. E quindi hai bisogno di una persona esterna, qualcuno che ti dica “basta così, il pezzo è finito, non ci lavorate più e passiamo al prossimo”.

Pubblicherai mai un disco da solista?
Sono trent’anni che sto lavorando ad un album 'solo' (ride) ma non è mai pronto e forse non lo sarà mai.

I Deep Purple sopravviverebbero anche ad una tua defezione?
Si, penso che potrebbero, ma non penso lo vogliano. Sarebbe ancora più difficile proseguire, siamo ancora Deep Purple perché siamo in tre dei “big five” originali, e quindi ancora la maggioranza. Certo i rimpiazzi di John Lord e Ritchie Blackmore sono dei musicisti incredibili. Se non lo fossero stati ci sarebbero stati dei grossi problemi. I rimpiazzi devono essere della stessa qualità, anche se non uguali. Non ha senso avere un Ritchie Blackmore numero due nel gruppo, ma è indispensabile un altro numero uno. E quindi preferiamo uno Steve Morse numero uno. Io starò nella band finchè non finirà, non riesco a vedere nessun altro modo in cui possa andare.

Quanto prevedi durerà ancora il gruppo?
Lasciamo che pubblico ci dica quando è ora di andare via. Penso che staremo insieme finchè andremo ai concerti, sul palco, nella grinta e forma che vogliamo. So che ci sarà un punto in cui questo cambierà, ma per il momento siamo ancora molto molto giovani per la nostra età!

 


Conclusioni

La mia impressione di Ian Paice, creata nel corso dell’intera serata tra seminario, intervista, concerto e cena, è che la sua disponibilità ed affabilità fanno di lui un grande uomo, al di là del fatto che è un musicista di fatto nella Hall of Fame del music business. L’umiltà di approccio espressa da Paice in una situazione così diversa dai contesti all-star in cui è quotidianamente coinvolto, la disponibilità a firmare autografi sorridendo ad una caterva di gente, a rispondere a qualsiasi domanda, a suonare con tanti giovani ‘di periferia’ e a rimettersi in discussione quotidianamente, può insegnarci molto non solo dal punto di vista musicale ma soprattutto umano.

Un grazie soprattutto ad Amedeo Fosso per avermi permesso di conoscere da vicino uno dei miei miti di sempre. Per chi avesse perso di vista i Deep Purple, consiglio vivamente l'acquisto di uno dei due ultimi album "Bananas" o "Rapture of the deep" per capire quanto può ancora essere sorprendente e vitale la loro musica. E per chi vuole rivivere l'emozione dei loro successi dal vivo anche quando non sono in tour, consiglio di seguire uno dei prossimi concerti dei nostri conterranei the Stage.

 

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