da sx: Amato, Rossi e De Marco

 

Giuliano Amato inaugura l'Anno Accademico delle facoltà di Giurisprudenza e Lettere e Filosofia della SUN

Santa Maria Capua Vetere (CE), 24 Ottobre 2011

Articolo di Giuseppe Vuolo, foto dal sito ufficiale della Facoltà di Giurisprudenza della S.U.N.

Partiamo da un interrogativo, come ci suggerisce il titolo della conferenza: "Italia 150 dopo: missione compiuta?". La risposta sembrerebbe scontata, altrove; ma dato che viviamo in un Paese dove il paradosso insidia costantemente la realtà, un Paese dove Ministri della Repubblica dichiarano di fare del Tricolore nazionale un uso non proprio edificante, ci tocca chiedercelo seriamente e con spirito critico. E proprio a tal proposito Giuliano Amato, invitato all'inaugurazione del nuovo anno accademico della S.U.N., si è subito detto d'accordo con quanto affermato poco prima dal Rettore Francesco Rossi: al netto della "retorica patriottarda", i festeggiamenti del Centocinquantenario sono stati un'importantissima e proficua occasione per riscoprire le nostre radici e risvegliare il nostro orgoglio per esse. Un vero e proprio lavoro di recupero della nostra Storia, che ci arricchisce di una nuova consapevolezza di noi stessi.

Introdotto dal Magnifico Rettore prima, dal Preside di Giurisprudenza Chieffi e dal Vicepreside di Lettere De Marco poi, l'ex Presidente del Consiglio ha parlato della situazione economico-sociale alla vigilia dell'Unità (l'alto tasso di mortalità infantile, la povertà, l'emigrazione verso il Settentrione, il diffuso analfabetismo soprattutto femminile), catturando l'attenzione degli studenti con il consueto acume che lo contraddistingue - una prosa piana e vivace insieme, non priva di ironia. Ha preferito indirizzare il suo discorso sull'aspetto storico, non insistitendo particolarmente nei rilievi tecnico-giuridici (al di là della sua prestigiosa carriera politica, Amato è innanzitutto un fine costituzionalista già Ordinario a Roma - La Sapienza), che alcuni temi - il federalismo in primis - implicavano.
Non sono però mancati i riferimenti all'attualità, anzi. Per esempio, proprio sul federalismo, ha accennato un parallelo tra le istanze federaliste professate da una parte dei Padri del Rinascimento e quelle odierne, avvertendo che uno Stato che ha bisogno di un assetto centralista è uno Stato debole e ricordando che per il nuovo Stato unitario la strada federalista non era praticabile proprio perché avrebbe accentuato i campanilismi in un territorio già tanto diviso. Il Professore ha poi lanciato una discreta frecciatina alla Lega Nord affermando: "Se l'Unità ha avuto precursori, essi sono stati perlopiù del Mezzogiorno (soprattutto di Napoli); e nulla è più distorsivo che dire che l'Italia è stata fatta dai Mille che erano tutti nativi di Bergamo e dintorni: in ciò hanno avuto un ruolo determinante le masse di meridionali che sostennero i garibaldini sin dal loro sbarco in Sicilia". Parola del Presidente del Comitato dei Garanti per le celebrazioni del 150°.
Ancora sull'attualità, Amato ha esortato i giovani ad essere combattivi per trovare il loro posto nella società, anche se ha ammesso che le basi devono essere poste pure dall'attuale classe dirigente in un generale processo di svecchiamento: "Ho pensato di andare in pensione a 70 anni, nel 2008, anche perché se quelli della mia età non tolgono da soli il sedere dalle poltrone, i vostri sederi non ci arriveranno mai. In fondo, chi ha fatto il Risorgimento, quelli che vedete oggi con barba e baffi immortalati in qualche monumento, erano giovani come voi, hanno iniziato a realizzare i propri ideali tutti tra i 15 e i 30 anni".

Infine, conclude il suo intervento con una riflessione sulla crisi che avvolge oggi il nostro Paese come una notte che sembra senza fine: "Noi abbiamo perso il <<noi>>, e quindi abbiamo perso il futuro", quel che manca davvero, insomma, è una maggiore coesione sociale capace di trascinare col suo entusiasmo, col suo impegno, il Paese fuori dal baratro, che lo faccia reagire come un sol uomo di fronte a tutta questa decadenza. Eppure, ha continuato, "Abbiamo una capacità tutta nostra, tutta italiana, di appollaiarci sulla nostra Storia e di costruirci sopra. Qualcuno ha detto: <<Non basta trovare i mezzi, bisogna trovare i fini, i quali esprimono sempre un'intrinseca carica morale>>. Ecco, a volte sento dire: <<Non possiamo fare niente perché non abbiamo i mezzi>>, ma io penso invece che non ci sono mezzi perché, ormai, ci mancano i fini". Dobbiamo quindi riscoprire i nostri fini, gli scopi ultimi del nostro agire "per ritrovare davanti a noi e tornare a percorrere la strada più larga".

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