Libreria Spartaco-Interno4: "Caffè Trieste” di Olga Campofreda

Santa Maria Capua Vetere (CE), 9 novembre 2011

Articolo di Clemente Tecchia

San Francisco, 1957. Il processo per oscenità a carico di Allen Ginsberg per il suo lavoro “L’Urlo” (“Howl”) si conclude con l’assoluzione. Co-imputato, l’uomo che aveva osato pubblicare una delle opere poetiche più sconvolgenti del secolo, Lawrence Ferlinghetti, fondatore della City Lights -insieme libreria specializzata in tascabili (i paperbacks) e casa editrice di punta per alcuni autori della Beat Generation. Oggi Ferlinghetti è l’unico superstite di una generazione che ha travalicato l’interesse dei critici letterari per investire il costume, il modo di essere e di vivere di milioni di persone in tutto il mondo. Un mito i cui idoli più rappresentativi sono stati Jack Kerouac, Gregory Corso, Allen Ginsberg, William S. Burroughs e lo stesso Lawrence, latori di un modo di fare arte completamente diverso dai dettati accademici del tempo e per questo spesso perseguitati, anche per lo stile di vita violentemente anticonformista cui s’erano votati. Ed è proprio per incontrare l’ultimo guru, il patriarca dei Beat, che la giovane scrittrice casertana Olga Campofreda dopo la laurea si è concessa un viaggio sabbatico di dieci giorni nella mitica città californiana, per ripercorrere le strade e i sentieri dei suoi autori-feticcio, oltre che per raccogliere la testimonianza dell’ultimo testimone disponibile, un uomo che fu come abbiamo detto al centro di quell’irripetibile sfavillante stagione. Il resoconto di questo “pellegrinaggio” è contenuto nel libro “Caffè Trieste. Colazione con Lawrence Ferlinghetti” (edito da Giulio Perrone). Secondo le parole dell’autrice, si tratta di un reportage narrativo, ma si può dire anche di trovarci di fronte a un’opera non ‘scritta’, ma ‘cresciuta’: e questo perché la cifra dell’imprevisto, delle variazioni che impongono di modificare una tabella di marcia, è una delle chiavi di lettura per capire non solo la genesi del volume ma anche uno dei suoi più importanti contenuti. L’imprevisto infatti procrastina di dieci giorni l’incontro della Campofreda con il suo mito, e in questo lasso di tempo la scrittrice ha modo di conoscere e intervistare alcuni autori della Revolutionary Poets Brigade, quali Jack Hirschman e Jessica Loos: autentici sindacalisti della poesia che propugnano il ritorno dei versi alla fruizione orale e alla loro originaria funzione di elevare e istruire le persone, posizioni assai vicine a quelle di Ferlinghetti. Ma soprattutto l’autrice girovaga per le strade e i dintorni di San Francisco, dal Cancello d’Oro a North Beach al vecchio quartiere di pescatori di Sausalito, e in questo lasso di tempo, come spiega lei stessa, ha modo di scrollarsi di dosso l’armatura concettuale con cui si era preparata ad affrontare l’incontro con Ferlinghetti, riflettendo su come il cammino possa profondamente cambiarci e cambiare finanche la percezione del punto d’arrivo. Idee che poi, in una sorta di epifania, saranno confermate e illuminate quando il vecchio poeta e la giovane italiana si incontreranno a un tavolo del Caffè Trieste del titolo, antico ritrovo di italoamericani a due passi dalla sede della City Lights e dal museo della Beat Generation. “Io lì dentro non ci sono ancora mai entrato, per me i musei sono camposanti” afferma a questo proposito Ferling, spiegando come d’altro canto sia inutile e infruttuoso occuparsi di “tutta quella gente morta” (i poeti e gli scrittori Beat) di cui, anche giustamente curiosa, vorrebbe parlare Olga. Giunta fin lì con una serie di domande, giunta fin lì per parlare dei ‘suoi’ Beat, l’autrice finisce per trovarsi di fronte il grandioso esempio di un uomo di novantadue anni che ancora non ha smesso di lottare con le armi della poesia per un mondo migliore e per un uomo migliore, e che soprattutto invita Olga a fare lo stesso. Delle domande che s’era preparata, la scrittrice non riuscirà a fargliene neppure una, e tuttavia il suo incontro varrà cento volte di più. Ferlinghetti le addita la via affermando che le pagine più belle saranno quelle che gli scrittori della nuova generazione sapranno darci, traendo ispirazione e lezione dai propri miti come Kerouac e soci, ma considerandoli come un mezzo piuttosto che come un fine. Addita la via, ma senza ricette preconfezionate; per lui, se consapevolezza e riscatto ci sarà, sarà solo con le armi dell’ironia, dell’amore, della denuncia, dello scherzo e di quel mistero che tutte le riassume sotto il nome di poesia, così come dagli anni dei Beat fino a oggi ha saputo farcene –a piene mani- dono Lawrence Ferlinghetti.

Consulta: Libreria Spartaco-Interno4: eventi di novembre

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