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Collage di L. Di Donato


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Su Halloween e dintorni

Dal celtico "Jack O' Lantern" al nostrano " o' munaciello"

Articolo e fotografie di Lorenzo Di Donato

Streghe e altri simboli di Halloween - foto L. Di Donato

La festa di Halloween è di origine celtica e, nei paesi anglosassoni e specialmente negli U.S.A., è viva l’usanza di ingraziarsi gli spiritelli accogliendoli festosamente nelle case. Si addobbano opportunamente case e uffici, anche gli ospedali, e si organizzano, per il 31 Ottobre, balli in maschera un po’ dovunque, mentre frotte di bambini , mascherati da streghe, pipistrelli, fantasmi ed altro, vanno di casa in casa a chiedere dolci “minacciando” in caso contrario scherzi:“trick or treat?” ovvero “scherzetto o dolcetto?” è il loro ritornello e “gli spaventati “ vicini donano frittelle e altre leccornie che hanno preparato per loro.

Ora anche Caserta è tappezzata di manifesti che reclamizzano party di Halloween, si organizzano feste in case private, talvolta negli Oratori, si addobbano aule scolastiche con fantasmini, pipistrelli, zucche a forma di spiritelli, “impiccati”, scheletri e festoni vari. I docenti di lingua inglese illustrano ai giovanissimi allievi la storia del “cattivo” spirito di Jack O’ Lantern che, oltre ad accettare stupidi “sacrifici” di innocenti gatti neri in suo onore, è capace di fare brutti scherzi a chi gli nega le frittelle.

Non mi risulta, dalle informazioni raccolte dai vari nipotini, che ai giovani allievi siano state offerte altrettanto sostanziose ed interessanti illustrazioni sulle nostre usanze intorno al culto dei morti, mentre ho l’impressione che ci sia un certo timore nel mostrare le nostre radici religiose e culturali, nel difendere e salvaguardare le nostre usanze per paura di essere accusati di provincialismo. Anche noi, pronti a stupirci di storie di fantasmi nei castelli del nord Europa, abbiamo i nostri, a volte simpatici analoghi dell’Halloween più vicini alla nostra cultura. Ricordarli “fa brutto”? è  provinciale? Lo facciamo lo stesso. La nostrana Halloween si celebra a Venezia. La sera del 10 novembre, i fanciulli, armati di pentole e cucchiai, bussano ai negozi della laguna, cantano una filastrocca a negozianti e clienti per ingraziarseli e farsi dare un dono o un sacchetto di caramelle o, se va proprio bene, una mille lire. Nella parrocchia di San Martino, all’Arsenale, il giorno dopo, festività di San Martino, si festeggia tutti insieme con un pranzo in piazza e, in ricordo della capacità del Santo di donare, quanto raccolto la sera innanzi viene destinato ai bisognosi. Altro che consumismo!Abbiamo anche fantasmi, naturalmente, ma non vanno in giro terrificando le case con urli e trascinamento di catene.

Mia suocera, morta alla bella età di 98 anni, la sera, al calar delle tenebre, accendeva la luce ed esclamava: ”Buona sera, bella Ndriana!”, accompagnando l’esclamazione con un sorriso ed una piccola riverenza rivolta ad una “presenza” a noi invisibile. Ed uguale saluto accompagnava il nostro rientro a casa, se di sera: salutava così Ndriana – la bella Adriana – supposta fata benevola della casa, molte volte identificata in un gèco (lucertolina rosea che vive nelle case, specie se in campagna, e capace di arrampicarsi sui muri e camminare sui soffitti per le sue zampe dotate di cuscinetti). A nulla servivano i mottetti ed i sorrisetti miei e dei suoi amati nipoti: lei non c’è più, ora, ma, quando vediamo un gèco, abbiamo l’impressione che la “bella Ndriana” sia rimasta con noi. Nostrano, e benefico, è anche “o’ munaciello”, essere fantastico, di cui si favoleggiano frequenti apparizioni e così chiamato perché la tradizione vuole che questo benevolo piccolissimo spiritello compaia in abito di monaco. Intorno a o’ munaciello la letteratura è molto vasta, ed i rapporti tra le donne di casa e lo spiritello sono quasi sempre maliziosi. Basta come esempio, e terminiamo per oggi, “te l’ha dato o’ munaciello?” rivolto, con un sorrisetto ironico, a colei che non sa giustificare una collanina, un anellino, una spesa che appare un poco fuori dell’ordinario, una sommetta che viene fuori da un cantuccio.

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