C’era una volta… la festa di sant’Anna (prima parte)

“Caro ragioniere, accollatori di sant’Anna si nasce!”

di Lorenzo Di Donato


Questo articolo è in quattro parti:

[prima parte] - [seconda parte] - [terza parte] - [quarta parte]

 

Corso Trieste - festa di Sant'Anna.jpg

 

Prima parte

Caserta, 21 Luglio 2001. “Caro ragioniere, accollatori di sant’Anna si nasce!”, esordisce il mio interlocutore, Gabriele Di Lella (nella foto), da tutti conosciuto come “don Gabriele”, casertano D.O.C, una volta di Corso Trieste, oggi del rione Vanvitelli.

Accetto il “ragioniere” con la stessa disinvoltura e la stessa gratificazione con le quali don Gabriele me lo ha attribuito e l’ascolto.

 

“Caro ragioniere”, continua, “quando papà si avviava al raduno degli accollatori per la processione di sant’Anna, io, pure di notte, mi svegliavo e volevo essere portato con lui. E mia madre: “Giuva’, nun ‘o fa chiagnere, a Rabiele! E puortatillo!” E mio padre, con santa pazienza, mi portava. A quatt’anni io già facevo l’accollatore, ragioniere mio. Se capisce, nun purtavo a sant’Anna, ma l’asciugamano ‘e papà ‘o purtav’io! Poi, quando mi feci grande, a quindici - sedici anni, incominciai a portare anch’io la “sbarra”, perché quando la processione arrivava in corso Trieste c’era carenza di accollatori. I più anziani - e pure quelli più furbi, ragionié - non sopportavano più il calore e se ne andavano a casa, a mangiare e a riposarsi. Poi facevano bella figura, alla sera tardi, all’ultimo ballo di sant’Anna!”

 

Una volta partito coi ricordi, don Gabriele non lo ferma più nessuno, né io ho intenzione di fermarlo perché molti dei suoi ricordi sono anche miei. Anzi, molte volte proprio i miei ricordi riescono a dare ordine al discorrere di don Gabriele, ormai fiume in piena pronto tracimare ad ogni curva del suo corso, ripigliando carica da ogni sorso gustato da una generosa tazza di caffè.

 

Ho bisogno di avvicinarmi con lui alla nostra antica festa di sant’Anna, vissuta intensamente da me fino al 3 agosto 1959, quando, quella sera!, vegliai la salma di mio fratello Pio con i balconi e le persiane chiuse, affinché esse separassero le mie lacrime dai rumori della festa e dai crescendi della Banda musicale di Gioia del Colle (mi sembra tutto ieri!) che aveva il suo palco in piazza Ospedale, sulla quale i balconi della mia casa avevano ampia visione. Quella è stata l’ultima festa di sant’Anna che ho vissuto, perché “quelle” persiane chiuse, da allora, sono rimaste sempre una barriera tra me e la festa di sant’Anna.

 

E don Gabriele ricorda che alle sei del mattino c’era la santa Messa in piazza Ospedale, seguita subito dalla solenne, interminabile, processione della santa Patrona in direzione di san Nicola la Strada, preceduta dalla Congrega dai verdi mantelli e dalla Banda musicale:”Ragionié, ‘nce stevano pure quattro Bande, che, a turno, accompagnavano a sant’Anna!”

 

All’ingresso di san Nicola, la Santa veniva consegnata agli accollatori di san Nicola, accompagnati dal loro parroco e dalla loro Congrega. E don Gabriele ricorda con occhi vividi “mentre ci fermavamo presso la località che allora dicevamo “Tagliamonti” (ragionié, lì c’era una cantina che ci offriva tarallucci e un bel bicchiere di vino fresco. Anche due!) portavano sant’Anna in chiesa loro, facevano la funzione e ce la portavano indietro”.

La stessa cosa avveniva all’ingresso di san Benedetto da via Ferrarecce.

 

La processione ritornava poi per “via Retoporta” (via Vivaldi) per attraversare, su segnalazione opportuna del Capostazione, il passaggio a livello allora esistente appena dopo la Stazione ferroviaria, in asse con il “Vialone” (via Carlo III) : “ Ragionié, ‘u passavamo ‘e corsa pe’ paura d’’o treno. E se prima c’erano stati i fuochi a san Nicola ed a san Benedetto, ora, davanti alla Stazione ferroviaria, c’era la gara tra i fuochisti dei cocchieri e quelli degli chauffeur. E che crisommole, ragionié!”.

 

Ed io, ormai sempre più “ragioniere”, collimo i miei ricordi a quelli di don Gabriele e cammino con lui e con la processione di sant’Anna. Percorriamo, nell’infuocato mezzogiorno, Corso Trieste e via Unità d’Italia per fermarci, infine, stanchi e accaldati, alla chiesetta di Montevergine. I sancarlini non ci fanno rimpiangere la fatica con un chiaro, fresco vino, uno sparo di batteria che si sente in tutta Caserta, ormai a pranzo, e non facendoci mancare gli applausi quando “strappiamo” verso l’alto la santa Protettrice al ”spall’ ‘a sott! …. sott!”.

 

Ma che cosa mi sta succedendo! Questo diavolo di don Gabriele, con i suoi ricordi che erompono dal suo antico muso di folletto, mi ha trascinato sotto la “sbarra”, ora che le forze non mi sostengono troppo, me che ho vissuto sempre la festa di sant’Anna in modo diverso dal suo, dall’alto del balcone, accompagnando, sì; per lunghi tratti la processione ma a fianco della grancassa che mi procurava gioia per ogni “randellata” del musicante o, infine, confondendomi coi fuochisti di piazza Mercato.

Riesco ad aprire gli occhi, a sfilarmi dalla “sbarra” , a svegliarmi dal sogno in cui mi ha fatto cadere quest’elfo di don Gabriele e…. ha finito la tazza di caffè.

 

“Ragioniere mio, in piazza Mercato c’era il tripudio dei fuochi d’artificio. Una sequela di mortaretti, castagnole e bombe che faceva rintronare i nostri visceri e, alle volte qualche vetro andava in frantumi. Questa è la batteria dei verdommari! Ora attacca quella dei macellai. No, no, questa è quella dei “vaccari” . Ed i mellonari seguivano passo a passo il loro fuochista che guidava i mortai. Ormai le sapevamo a memoria! E don Antonio Nittoli, da sempre presidente del Comitato della festa, seguiva tutto con l’aiuto dell’altro eterno commissario don Giovanni Ambrifi o Anbrisi, … ‘na cosa ‘e chesta, …non ricordo bene”.

 

I miei ricordi sono ancora vivi. Sgattaiolavo dalla tavola per non mancare all’appuntamento con l’odore della polvere da sparo, col rintronare dei botti fino allo stordimento. Seguivo da vicino, ostinato ed incosciente come altri ragazzi, lo sparo delle “batterie”, sempre scacciato dai fuochisti e da persone avvedute ed attente. I “ vaccari” (avevano abitazione e giardino o campagna al lato est di piazza Mercato) non volevano mai essere inferiori agli altri, loro che lì erano di casa. Che goduria! E poi…. a casa, di corsa, per raccontare tutto a mamma, che, tra una sgridata e l’altra, mi stuzzicava per essere informata di com’erano stati i fuochi quell’anno.

Gabriele di Lella posa con la "sua" S. Anna, nel 1963

Gabriele di Lella ieri ...

...e oggi

 

Due "santini" di S. Anna, degli anni 40/50 (sopra) e degli anni 70 (sotto)

 

 

 

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