Dove finiscono i grembiuli benedetti delle donne “alluttate”?

Sessa Aurunca – Pasqua 2005

Articolo  di Alberto Virgulto, fotografie di G. Soligo


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Motivi d’arte, di poesia, di curiosità, di meraviglie, di folclore mi spingono a parlare della mia terra, ricca di pregi naturali e d’incomparabili risorse: un angolo particolarmente suggestivo degno di osservazione e di studio.
Vivo serenamente tra la mia gente, ligia alle avite tradizioni, attaccato come pochi alle antiche memorie e ai ricordi d’un tempo che in un fervore di vita, nelle sue multiformi espressioni esistenziali, si animano durante la ‘Quaresima’, per manifestarsi compiutamente nei giorni della Settimana Santa.

 

Un altro importante aspetto magico-religioso si aggiunge a quelli già precedentemente descritti. Ogni anno, centinaia di pie donne vestite di nero, si preparano all'ultimo atto dei riti penitenziali. Scalze con enormi ceri votivi tra le mani partecipano commosse al corteo processionale dei misteri. Il Venerdì e il Sabato Santo, confuse alla folla eppure gruppo visibile e distinto dell’evento. Le ‘Alluttate’, così chiamate, usano vestire come la Vergine: calze e velo scuro, un grembiule nero benedetto, orlato al collo ed ai polsi da un righello bianco, che ogni venerdì e sabato dell'anno indosseranno per perpetuare il ricordo del rito per essere, alla fine della loro esistenza terrena bruciato sui falò ardenti del Venerdì Santo o posto nella bara dai parenti..

Le Alluttate sono legate, in gran parte, all'esercizio del voto che non vede differenze di classe in un ambito in cui la speranza, il vissuto e una specie di rispondenza sacrificale-contrattuale caratterizzano questo tipo di religiosità. Anno dopo anno si ritrovano ad occupare la stessa posizione, lo stesso spazio, la stessa compagna.
Le più anziane, si collocano sotto le sacre rappresentazioni della ‘Addolorata’ e della Deposizione dalla Croce, alla ricerca di un contatto fisico, a suo modo magico, con la Vergine, in un continuo conflitto di ‘danza’ con i portatori dei plastici misteri. Pregano, cantano, piangono, soffrono, si disperano, in un intimo dialogo. Commosse, si rivolgono alla madre-sorella-figlia Maria. Camminando scalze non si curano del freddo, della pioggia, della cera che, dalle enormi candele, cade bollente sui loro piedi. Sono pegni che l'individuo e la comunità pagano quale riscatto del voto ripetuto. E tutto da e per infinite generazioni.

Questo "lutto corale", espressione del cordoglio popolare si carica di un valore religioso e sociale caratterizzando in maniera spettacolare le processioni dei misteri. Da sempre il ruolo delle ‘Alluttate’ assume gli aspetti della partecipazione familiare al cordoglio per la morte del Cristo-Uomo. Al rientro in Chiesa, la ‘Ruta’, pianta suffruticosa della famiglia delle rutacee, che è servita per adornare le sacre immagini è ora contesa tra il popolo i confratelli e le ‘alluttate’ perché secondo la credenza popolare, questa pianta, ‘ogni male stuta’. Come accade per tutte le cose terrene, alla fine di questo ciclo magico-spirituale, le pie donne, fortemente commosse si augurano di incontrarsi per questa specifica occasione l’anno prossimo e per gli anni futuri.

Quale segno di devozione e di impegno votivo, unitamente all’atto di deporre il cero ai piedi del Cristo morto e della Madre sofferente, lacerante si ode il grido liberatorio delle pie donne. ‘Evviva Maria’ che testimonia la fede nella Resurrezione e nella sconfitta divina della morte fisica.  Particolare rilevanza antropologica costituisce il fatto che questo delle Alluttate è l’unico elemento femminile di partecipazione ai riti della Settimana Santa, essendo questi ultimi riservati ai soli uomini. Ad essere più precisi è l’unica partecipazione protagonista e caratterizzante ai riti veri e propri, costruiti intorno ai confratelli in abito sacro e al popolo dei fedeli. ‘Il voto’ è quindi per le donne un modo di partecipazione personale e corale allo scenario cittadino che compone l’unicum della Settimana Santa di Sessa Aurunca.

 

 

 

 

 

 

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