Photogallery

Luogo sacro presso il passo Simila (4330 m)

Il Potala

Ruote della preghiera

Le donne hanno la lunga gonna legata all’altezza delle caviglie...

...i terribili Guardiani del tempio...

Mille fiaccole di grasso di yak

Monaci impegnati a disegnare “mandala”

Una schiera di piccoli monaci... calzano un curioso copricapo

.... qualcuno si spara la posa...

... s’incuriosiscono ... nel vedersi sui display delle nostre macchine fotografiche


Foto e testo, ove non diversamente specificato
© Casertamusica

Diritti riservati


 

Momenti di spiritualità in Tibet

La spiritualità e la tolleranza non hanno nazionalità e religione

Articolo e foto di Lorenzo Di Donato

22 Marzo 2008. I monaci buddhisti e il popolo tibetano hanno protestato per il rispetto dei Diritti Umani, delle libertà fondamentali (libertà di parola, di opinione, di assemblea) e per l’autodeterminazione.
La repressione militare cinese non si è fatta attendere, purtroppo, con decine d’arresti, l’uso di lacrimogeni e di armi da fuoco che ha procurato un numero imprecisato di vittime. Anche il Papa ha invitato al colloquio e alla tolleranza; anche associazioni e leader politici italiani hanno manifestato pro Tibet, ma le autorità cinesi hanno risposto che la normalità può ritornare solo alle condizioni fissate da loro.
Nel nostro piccolo onoriamo il popolo tibetano descrivendo momenti di spiritualità vissuti in Tibet nel 2004 con gruppo di amici di viaggio.
Arriviamo all’aeroporto di Lhasa all’inizio di una tempesta di sabbia, che limita la visibilità a soli 50-60 metri. La strada per Lhasa costeggia il fiume Zangbo lungo le cui rive vi sono molti luoghi contrassegnati da numerose bandiere di preghiera, striscioni di stoffa variamente colorate e con preghiere stampate. Il loro sventolio porta al cielo quelle preghiere. Sono di vari colori: blu per l’acqua, bianco per il ferro, giallo per la terra, verde per il legno e rosso per il fuoco, cioè i colori degli elementi di cui, secondo i tibetani, è costituito l’Universo. Le vedremo appese ai valichi, sui ponti e lungo le rive di torrenti, sulle nude cime delle colline e dei poggi anche a delimitare recinti e zone sacre, a indicare sepolture; nonchè sulle case, sui monasteri e agli angoli dei templi per purificare l’aria e placare le divinità.
Il giorno successivo vistiamo il Potala, il formidabile monastero-fortezza sede amministrativa, politica e religiosa del Dalai Lama, che si guarda bene dal ritornare ad abitarlo fino a che i cinesi non lo lasceranno libero da ogni condizionamento. Il Potala è articolato su tredici piani ed ha circa mille stanze, con statue, quadri, arredi e suppellettili in genere non originali perché l’occupazione cinese, prima, le Guardie rosse, poi, hanno mandato in pezzi monasteri e templi e loro contenuti, e solo da qualche anno si sta ricostruendo o restaurando quanto è caro alla fede dei tibetani. Pochi i monaci, molte le guardie. Non ha ragione il Dalai Lama?
Impressionante il numero di tibetani che percorrono il “Kora” del Potala –un percorso sacro che circonda ogni tempio buddista o un luogo ritenuto sacro- facendo ruotare le ruote di preghiera poste lungo il percorso, continuamente genuflettendosi in direzione del Potala fino a sdraiarsi pancia a terra. Le ruote di preghiera sono cilindri che ruotano su assi verticali e portano incisi preghiere sulla superficie. Facendoli ruotare le preghiere salgono al cielo. Vi sono ruote portatili e ruote alte anche tre metri.
Poi visitiamo lo Jokhang, l’edificio più sacro del Tibet. E’ nel centro storico della città di Lhasa e ne è, con l’affollatissima piazza–mercato Barkhor, il più importante quartiere religioso e commerciale. Anche qui numerosissimi i fedeli che percorrono il “Kora” del tempio mentre sgranano il rosario, fanno roteare la loro ruota della preghiera e le lunghe file di ruote della preghiera poste lungo il Kora, bruciano incenso nei due grandi incensieri prospicienti l’entrata principale del Tempio e li irrorano di acqua benedetta contenuta in bottigliette di plastica, consegnano agli addetti il loro grasso di yak per farlo trasformate in ceri, per finire poi letteralmente nella polvere in atto di adorazione e preghiera davanti all’ingresso principale sotto gli occhi dei terribili Guardiani del tempio. Le donne hanno la lunga gonna legata all’altezza delle caviglie in modo da non mostrarle agli uomini ed ai Guardiani del Tempio durante gli atti di adorazione.
A Shantse visitiamo il Monastero di Pelkor Chòde, famoso in tutto il paese per avere il Kumbum più grande del Tibet –la costruzione conica é alta più di 35 metri- che contiene tante immagini di seguaci e maestri del Budda (kumbum significa 100.000 immagini) e tantissimi Budda, anche adirati (di colore rosso). Nella sala delle riunioni troviamo monaci che pregano con litanie e canti accompagnati da tamburi e piatti. Sono molto disponibili e non danno segno di essere molto disturbati dalla nostra presenza. Due gruppi di monaci sono impegnati a disegnare due “mandala”, disegno sacro, con le polveri colorate poste in astucci conici su cui strofinano una bacchetta di metallo. Le vibrazioni così prodotte fanno uscire dal beccuccio la quantità esigua di polvere necessaria al disegno. Ci dicono che solo i monaci giunti ad un alto livello del loro percorso spirituale possono fare questi mandala, dopo attento studio delle scritture per la loro realizzazione. I mandala, una volta esaurita la loro funzione di preghiera o di augurio, vengono distrutti.
Incontriamo anche monaci al lavoro e…fu monaci, ovvero cani randagi, che sono tollerati dai monaci perché pensano che in essi si siano reincarnati quei monaci che non sono stati troppo ligi alle regole monastiche!
A Shigantse assistiamo, anche se per poco, ad una funzione religiosa nella cittadella del Pancen Lama. Una schiera di piccoli monaci, la cui età e sapere sono segnalati da come calzano un curioso copricapo, sono radunati davanti alla “sala delle riunioni”, rivestiti da un manto giallo più o meno macchiato di unto e comunque abbastanza zozzetto. Si fanno fotografare da noi: qualcuno si spara la posa, quasi tutti s’incuriosiscono e ridono di cuore nel vedersi sui display delle nostre macchine fotografiche o da presa. D’improvviso, viene intonato un canto ed i monaci entrano rapidamente nella sala. I monaci più piccoli, come tutti i fanciulli, si spintonano e si sfottono mentre si siedono su grosse panche di cui è piena la sala. Il loro coro si fa più possente e grave, mentre noi visitiamo velocemente qualche cappella. Poi dobbiamo uscire.
Ma è stato un felice momento per noi tutti.

Casertamusica.com - Portale di musica, arte e cultura casertana. Testi ed immagini, ove non diversamente specificato, sono proprietà di Casertamusica.com e della Associazione Casertamusica & Arte. Vietata ogni riproduzione, copia, elaborazione anche parziale. Tutti i diritti riservati. Per segnalazioni: redazione@casertamusica.com
Related sites: Orchestra Popolare Campana - Locali Caserta - Corepolis - Centro Yoga L'Arnia.