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Universitari della Fuci con il berretto

Invito alla cerimonia

Il Berretto delle facoltà scientifiche

Il trafiletto che compariva sul giornale


Foto e testo, ove non diversamente specificato
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Cinquant’anni fa....

Il “papiello” segnava l’ingresso all’Università

Articolo di Lorenzo Di Donato

Questo è tempo di iscrizione all’Università e dello svolgimento delle prove di ammissione alle facoltà dove queste prevedono il numero chiuso delle iscrizioni. La frequenza all’Università è ormai un fenomeno di massa, o quasi, tanto che nulla viene a segnalare questo importante passaggio da una vita scolastica scelta rigorosamente dai genitori a quella determinata dalla partecipazione ad un corso di studi, quello universitario, scelto dal giovane ormai maggiorenne e consapevole, si spera, dei propri interessi culturali.
Se anche qualcuno festeggerà il suo ingresso all’Università, certamente non invierà ad amici e parenti un invito così formulato: ”Nos, Divinissimi, Exc, l’Ustriss, habemus con cessum magnopere honoribus matricolae Giorginae de Laetorum gentes partecipare facultatibus Fisicorum, Excellentiae Vostrae invitaturum sunt investitura que est extabilita por 15 die november hora 17 pro nobis” .
E’ l’anno 1952. L’invito, rigorosamente in latino maccheronico con puntate di vocaboli francesi o spagnoli, era inviato a parenti ed amici affinché assistessero alla cerimonia della stesura del “papiello” alla matricola universitaria. Il “papiello” era la pergamena (in effetti una spiegazzata e a volte unta carta da macelleria o da salumeria) che riportava il verbale del processo subito dalla “matricola” e della sua finale assoluzione dopo abbondanti libagioni a cui naturalmente non erano indifferenti l’Accusa, la Difesa, il Presidente e la Giuria. Anche il papiello era steso in latino maccheronico con contributi di tutti i partecipanti in una confusione di lingue e di espressioni facilmente immaginabili e non era privo di macchie di dolci e liquori nonché di bruciature di sigarette che fungevano da timbri. Veniva alfine consegnato solennemente alla matricola tra sberleffi e motti, che pur goliardici, dovevano tener conto della costante presenza dei genitori della matricola, maschio o femmina che fosse.
Solo allora la matricola, stringendo in una mano l’agognato papiello ed alzandolo in alto come un ambito trofeo, poteva finalmente rivolgere il sorriso e la parola agli intervenuti ricevendo applausi e congratulazioni dai presenti alla festicciola.
Se ne era in possesso, calzava anche il cappello universitario, il cui colore variava con la facoltà universitaria: verde per le facoltà scientifiche, bianco per le facoltà letterarie, nero per l’ingegneria, rosso per la Medicina, etc. Il cappello era adornato da ninnoli vari, il cui numero aumentava sempre di più nel corso degli anni universitari. Esso veniva indossato in occasioni importanti, come i raduni o congressi universitari, o durante la festa di inizio dell’Anno Accademico che prevedeva anche la sfilata di più carri lungo il corso Trieste. Per gli universitari aderenti alla F.U.C.I., Federazione Universitari Cattolici Italiani, che allora aveva sede nell’Istituto Salesiano ed aveva don Alfonso L’Arco come Assistente spirituale, era un punto d’onore fare parte della scorta al SS.Sacramento ed alla statua della Madonna Ausiliatrice durante le rispettive processione per le vie di Caserta. Anche in tali occasioni i cappelli universitari facevano fare bella figura ai giovani della scorta.
La serata del “papiello” era a volte riportata in un trafiletto del Taccuino casertano de Il Mattino.
Il trafiletto che seguì la serata in cui fu consegnato il papiello allo scrivente fu il seguente: “Un folto numero di invitati si è riunito in casa Di Donato per festeggiare l’ingresso all’Università del giovane Enzo. Dopo la violenta requisitoria del Pubblico Ministero rappresentato da Elio D’Arco, ha parlato Mimmo de Ciutiis, in difesa dell’imputato.
La Corte, egregiamente presieduta da Ciccio Ventriglia e composta dagli universitari Casella, Zito, Carnevale, Carrano ha riconosciuto l’innocenza dell’imputato, assolvendolo.
Tra gli intervenuti: il comm. Troianiello, Alfio Corsaro e le famiglie Iacometti, Benvenuto, Lieto, Massone, Piccirillo.
Al neo universitario il nostro vibrante ad maior
a.”.
Correva l’anno 1952, dicevo, e io ed i miei coetani, lasciate alle spalle la distruzione fisica e morale della Seconda guerra mondiale, portavamo nell’Università, non più di elìte ma non ancora di massa, la nostra voglia di costruirci un futuro migliore, ma anche l’ingenuità che le nostre famiglie ancora coltivavano in noi e che ancora noi possedevamo.
La cerimonia del “papiello” ne è una testimonianza forte. E ne conservo gelosamente i ricordi.

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