Bottega del Teatro: D. Anselmo, Menecuccio, D. Gennaro

Caserta, 13 Gennaio 2008

Articolo di Arianna Quarantotto, foto di Massimo Amato

Caserta 13 gennaio 2008. Andiamo a ritroso. ..
Lo spettacolo di Pierluigi Tortora, questa volta, vogliamo commentarlo partendo dalla fine, dai biscotti e dal vino offerti a fine spettacolo. Perchè offre sempre qualcosa Pierluigi al suo pubblico, oggi particolarmente numeroso,: un gesto di squisita gentilezza e di amore per lo spettacolo che è poi sempre un pezzo di vita. Una vita che non sempre riusciamo ad apprezzare, a godere, e che troppo spesso “insozziamo”.
Andiamo a ritroso…Dal secondo tempo, dedicato ad Edoardo.
Tortora recita “L’Imputata”. Protagonista: la cozza, accusata di diffondere il colera a Napoli.
A chi l’accusa di essere l’artefice delle epidemie, la povera ribatte: “Là sotto, Presidè, pare l'inferno! Chello c'arriva, 'a cozzeca se mangia: si arriva mmerda, arriva dall'esterno”.
Chi è dunque il vero colpevole dell’epidemia? La cozza o noi che inquiniamo? …Forse dovremmo cominciare “a non buttarci addosso la merda di cui poi accusiamo la cozza”.
Restiamo in ambito napoletano: in “Pericolosamente”, sempre di Edoardo, si intrecciano ilarità, risata, ma anche dolorosa riflessione sul rapporto, non sempre felice, tra moglie e marito. La storia, apparentemente allegra e frizzante, appare surreale: un marito, Arturo, indispettito dal carattere nervoso e troppo indipendente della moglie Dorotea, “detronizzato” dal suo ruolo di pater familias, cosa può fare per riottenere il comando in casa? Semplice: Spararle! ….a salve, naturalmente, solo che lei non lo sa e pensa di essere puntualmente graziata da qualche santo di turno. Ad assistere alla scena il povero Michele, che, ritornato a Caivano dopo 15 anni trascorsi in America, si ritrova a casa dall’amico Arturo che intende anche fittargli una stanza. Immaginatevi il poveretto mentre assiste ai continui tentativi di omicidio della povera Dorotea che solo in questo modo diventa accondiscendente!!!
E infine: il primo atto. L’uomo dal fiore in bocca di Pirandello. Drammatico colloquio tra un uomo, prossimo alla morte e un uomo qualsiasi, in attesa del treno del mattino. Un tentativo disperato del primo di afferrare ogni attimo che gli resta da vivere, un invito ad apprezzare la quotidianità, i particolari apparentemente insignificanti della vita, a godere dell’attimo che fugge. Quasi un delirio quello dell’uomo a cui la morte ha messo in bocca un epitelioma, un tumore (il fiore, appunto) dicendogli: «Tientelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi!». Un tentativo estremo di afferrare con l’immaginazione la vita altrui, assaporarne il gusto, un gusto che non soddisfa mai “perché la vita, nell'atto stesso che la viviamo, è cosi sempre ingorda di se stessa, che non si lascia assaporare”.

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