Teatro Comunale: "La notte delle lucciole" con Marco Baliani

Caserta – 26 Marzo 2009

Articolo di Dario Salvelli, foto di Federica Roano

Non ci sono più le lucciole, i cannileddi di picuraru (candeline di pecoraio) afferma tristemente Leonardo Sciascia, una metafora per descrivere il sistema corruttivo dello Stato e della politica che diffonde il marcio, le tenebre, inquinando la società. “La frase più mostruosa di tutte: qualcuno è morto al momento giusto”: Aldo Moro, Pier Paolo Pasolini. Il primo si accorse troppo tardi, solo nell’ultima sua lettera, di essere arrivato grazie al suo destino a scrivere finalmente la parola giusta: “potere”. Bisognerebbe essere liberi di fronte al potere, qualsiasi esso sia: la voce della famosa telefonata del brigatista è piena di rispetto e pietà, l’intenso sguardo di Moro è un messaggio per tutti. Pasolini e Sciascia non si sono mai incontrati fisicamente ma erano uniti da una sofferenza comune, da lotte civili, dalla comprensione di una società che aveva perso molti valori, aveva visto tramontare miti e sorgere eresie. La ricerca della verità unisce i due grandi scrittori. Sciascia se ne accorge troppo tardi: definisce la morte di Pasolini, tralasciando i particolari torbidi, una “tragica testimonianza di verità”, confessa di esser stato “alquanto razzista della sua omosessualità”.
Così si apre lo spettacolo “La notte delle lucciole”, con l’amara certezza della morte. Questo spunto fortissimo fa raccontare a Marco Baliani, l’attore principale e Roberto Andò (regista e drammaturgo) le tensioni di uno scrittore che disegna un pezzo storico dell’Italia che abbiamo dimenticato troppo in fretta. Sciascia cerca di studiare e prevedere, magari mediante l’analisi dei suoi ricordi più puri (tremendo quello del suicidio del fratello) come quelli legati a Recalmuto (il paese dove ha insegnato come maestro elementare), il futuro. Non è casuale la scelta dell’ambientazione: siamo in un’aula scolastica, dove un maestro, Leonardo Sciascia, racconta ai suoi 5 allievi, spesso disadattati, annebbiati dalla fatica e dall’ignoranza, il senso della vita. E, come in tutte le scuole, un inquietante vecchio bidello, Coco Leonardi, partecipa discreto a ciò che accade nei gesti e nelle parole di un personaggio di Pirandelliana memoria. E così può caratterizzare scendendo tra il pubblico un pazzo, accompagnato alla morte con un rito funebre infantile che rimanda a molte feste religiose della Sicilia (come la catanese Candelora). Si parla di sopraffazione, di morte, ma il palcoscenico è più che mai vivo e mobile: Baliani con i suoi modi e la sua voce pacata attraversa sentimenti e ci parla con semplicità, arriva ai nostri cuori ed alla nostra anima cercando un’ansia comune, spronandoci a lottare nella sofferenza, a non sottrarci alle nostre responsabilità di cittadini ed uomini. I banchi diventano quelli del Parlamento, di una politica che propone leggi demagogiche lontane dalla concreta realtà, le candele rappresentano il tema ricorrente della morte ed il desiderio di Sciascia di avere una sola lode: “ha contraddetto, si è contraddetto”. Non c’è retorica, per lo meno non che sia voluta, che non sia rappresentata con una umanità fortissima che si divide tra la “scrittura delle cose” di Sciascia e le surreali immagini di Pasolini. Baliani e Andò costruiscono una “drammaticità umana” adatta a tutte le età, ottimi esempi e tra gli esponenti di un teatro che tutti dovremmo almeno per una volta nella vita, vivere.
E ‘un peccato che questa sera nella sala del Teatro Comunale ci siano pochissime persone. Chè sia lo specchio dell’attuale momento storico? Non lo sappiamo, non vogliamo fare banali analisi sociologiche. Il giorno dopo però siamo ancora travolti da questo teatro della parola, da quelle lucciole che hanno acceso Sciascia e che difficilmente spegneranno i nostri sogni

Consulta: Teatro Comunale: Nuovi Percorsi 2009

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