Teatro Officina: Juve-Napoli 1-3 - La presa di Torino

S. Leucio (CE) – 24 Ottobre 2009

Articolo di Salvatore Viggiano

"Così la Fiat Regata diesel partì da Napoli, terra di tifo e di illusione, presidiata dal fido San Paolo, non la banca, non l'apostolo delle genti, proprio lo stadio. E la Regata, con a bordo quattro uomini proiettati a Torino per passione, attraversa l'intera penisola, incrociando gente e sguardi man mano sempre più carichi di ritrosia, allo sfilare del corredo bianco azzurro e della bandiera piantata sul lunotto dell'auto."
Ci sono quattro umoristi del tifo, al centro del testo scritto da Maurizio De Giovanni "Juve - Napoli: 1 - 3. La presa di Torino", condotto in scena da Peppe Miale. Quattro figure sostenitrici della squadra partenopea che, memori dei trascorsi con la Signora bianconera, si recano allo stadio torinese con un morale prevenuto, ma non per questo dimesso. Sfidare l'innominabile è un'impresa, e i crediti sembrano svantaggiare gli ospiti a partire dai rispettivi sponsor: i padroni di casa con Ariston, ovvero il meglio, come ricorda Miale dal greco, il Napoli con Buitoni. Il protagonista non lesina ricami sul confronto e ne esce fuori una comicità davvero gradita alla platea dell'Officina Teatro. L'eccezionalità del giorno, l'8 novembre 1986, è incarnata da traversoni a centro area e manovre di squadra che Miale seziona con la memoria del tifoso "malato"; è lui a definirsi tale, lasciando soccombere quell'incipit di riconoscimento al ben pensare, alla razionalità e alle priorità della vita quotidiana, che restano indiscutibili, ma devono lasciare pur campo all'accesa euforia dell'animo. E Juve - Napoli '86 non rende solo il ricordo di un match tra due spogliatoi così diversi da loro, è un'analisi umoristica tra due mondi incomparabili tra sè di tifoserie, esistenze, etiche, approcci ai casi della vita. Lo dimostra il Circolo Stampa dove i quattro si ritrovano, accompagnati da un amico torinese, agghindati come "quattro Puffi giganti"; al cospetto di un blasonato e compassato entourage, fiero del proprio palmares calcistico e imbarazzato dinanzi alle due "misere" Coppa Italia vinte dai partenopei. Oltre l'evento miracoloso dell'1-3 dopo il fischio finale, brulica una creazione di scene e reazioni che si snodano in un giorno e mezzo di febbre calcistica, tra divinizzazioni degli avversari e simpatie sulla falsariga del polemico per i giocatori nostrani (c'è il portiere Garella abile a ricevere palla in ogni modo, anche con gli attributi posteriori, fuorchè con le mani; avvincente la similitudine con il portiere della carambola!). In novanta minuti si plasmano le ansie connaturate al tifoso napoletano, lo spirito variegato di gruppo, la sfrontatezza sforzata di tentare lo scacco matto nel tempio juventino. Così avviene. Sulle sequenze scelte di fotogrammi proiettati a muro e sul soffitto della scena, Miale riannoda anche i ricordi del viaggio di andata (indovinata la scelta di proiettare sullo sfondo l'effetto dell'auto in movimento). Compare dal vivo persino il sedile passeggero della Regata, che avrebbe dovuto avere benzina sufficiente per l'andata. Tanto, e l'aveva detto uno di loro alla partenza, "il ritorno è in discesa", e il Circolo Stampa juventino resterà "chiuso, sbarrato!", dopo la partita.

Un testo costruito con intelligenza e buona partizione dei tempi, che punta su alcune immagini esilaranti, vedi il Club Napoli Forcella, che allo stadio sputa magistralmente a raffica sul malcapitato raccattapalle.

Peppe Miale, diretto da Massimo De Matteo, è brillante nella resa e padroneggia i passaggi con intensi cambi di espressione, declinando dall'invasamento di tribuna al ricordo meditato, senza creare contrasti. Chi scrive è uno juventino. Buon occhio (e non solo) non mente.

Consulta: Officina Teatro Stagione 2009/10 "Prospettive Contemporanee"

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