Officina teatro: Finalmente Godot

S. Leucio (CE) – 19 Febbraio 2010

Articolo  e foto di Rossella Barsali

“Ci sono solo cose nuove da raccontare…” anche se non si possono trascurare le cose passate.
Lezione amara, di cui Vladimiro (Didi) e Estragone (Gogo), ancora in rutilante attesa di Godot, sono ben consapevoli.
Ritorna lo sguardo acuto di Beckett, il filo tagliente delle sue battute, i ritmi di scena velocissimi e poi fermi, l’asimmetria ai due margini di scena e poi la perfetta sincronicità (resa più magica da un sapiente gioco di luci), e la realizzazione di una regia robusta, originale: ogni frame (non si dice a teatro, lo so! Ogni frame teatrale è decomposto e mutevole, lo so!) è un omaggio all’Autore, finanche la realizzazione, tutta “orizzontale” (spesso gli attori recitano stesi, sono in una discarica, cioè cose sparse) è l’Idea che tutto ritorni alla Terra, “questa amante paziente ed insaziabile, che non attende altro che di riaverci tra le sue braccia”.
Didi e Gogo sono ancora in attesa, un’attesa senza tempo, ma dove il tempo, passando, ha trasformato. Non più prato, ma discarica (“ci sono solo cose nuove da raccontare”?), non più albero ma tronco reciso, ed il messaggio è atrocemente vero.
Ma l’Attesa dell’Atteso ha i suoi risvolti comici, Didi e Gogo altalenano, in senso letterario e letterale, e si spingono vicendevolmente verso il ricordo e l’oblìo, verso la posizione eretta e quella supina; badando che l’altro non tracimi e mantenga la giusta misura indossano e svestono il proprio cappello, l’addendo esteriore del Sé, giocano a rompere gli equilibri e li infrangono davvero.
Fnalmente Godot arriva: ma il sopraggiungere dell’Atteso spezza l’equilibrio tensionale dell’Attesa. Tutti possono essere Godot, anche l’ubriaco con la camicia di forza che bela e non chiede ( Didi e Gogo hanno bisogno di domande, sono prodighi di risposte), ma spostare l’equilibrio dell’Attesa di 1 secolo(anzi 2) solo sulle eventuali domande che Godot potrebbe fare è troppo poco: Godot, o il suo simulacro, deve essere punito. Soprattutto quando Il Ragazzo (u’ Trimon) arriva ad avvertire che Godot oggi non potrà venire e che verrà certamente domani. L’Attesa stanca, incarognisce: il cappio destinato ad uno coinvolge tutti e 3, trascinandoli in un’oscurità che è dell’incertezza. Perché Godot sia Godot è necessario un riconoscimento esterno; verrà?
Leonardo Losavio, regista ed attore (Gogo) convince immediatamente delle sue doti artistiche: molto aderente all’Autore, senza piaggeria, imbastisce un lavoro originale e potente, ricalcando trovate teatrali archetipiche (le marionette, la voce di Didi che esce distorta da una carcassa di lavatrice), fronteggiando l’imprevisto con classe. Trasforma il suo palco in un backstage, dal quale entra ed esce trascinandosi il pubblico inconsapevole. Ottima la scelta delle musiche, mai invasive, un controcanto afasico ai protagonisti.
Roberto Galano, già apprezzato lo scorso anno in “Hamburger”, riconferma l’autenticità della sua arte, l’improntitudine di chi è dentro allo spettacolo e ne ha la briglia in mano, e può permettersi di tutto. Anche di piegare il linguaggio verso il vernacolo stretto pugliese, che tanto lo capiamo lo stesso! Gli ho chiesto:- Ma è faticoso essere un Vladimiro diverso ogni sera?- , e la sua risposta è un sorriso, poi.- Ho amato Beckett, e poi odiato, e poi ripreso e me ne sono ri-innamorato-: conclusione, non è faticoso!
Giuseppe Rascio, il presunto Godot, è in continua metamorfosi: sembra un pupazzo, all’inizio dell’ingresso in scena disarticola voce e corpo, poi infonde un alone di tragedia al personaggio, poi di pietà, burattinaio e burattino al tempo stesso. Mi confida di essere un mimo (e si vede!) e di “essere stanco di prenderle!”… spero non si riferisca alle ovazioni di fine spettacolo!
D. Francesco Nikzad, giovane pugliese-iraniano, fa due brevi interventi, ma ha la concretezza manicheista dei pastori. Ha l’ingrato e temporaneo compito di ricondurre tutto alla realtà, e ci riesce benissimo!!
Ottimo nelle serate d’inverno da gustare caldo prima di un ponce al mandarino. Ricetta sperimentata, ve la do per buona. Provatela, stasera replicano.

Consulta:  Teatro Officina: programma stagione 2010/11

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