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Stage Teatrale "I Sogni Infranti"

Capua (ce) – 15 aprile 2011

Comunicato stampa

venerdì 15 aprile alle ore 16.00 a Palazzo Fazio - Via Seminario, Capua (CE), l'Associazione "Il Colibrì" di Sant'Arpino (CE), la Scuola di Recitazione "Il Pendolo" (CE), in collaborazione con la Cooperativa "Capuanova" di Capua (CE), con la Libreria "Uthopia" di Capua (CE), l'Associazione "Le Belle Bandiere" presentano lo Stage Teatrale "I Sogni Infranti", ritratti di piccoli uomini e piccole donne tra il malinconico e il grottesco ispirati all'opera di Anton Cechov - Stage Teatrale diretto da Marco Sgrosso - Organizzazione e Direzione Artistica di Antonio Iavazzo - POSTI LIMITATI

Per info - contatti - prenotazioni: Associazione Il Colibrì
Antonio Iavazzo - Cell. 3389924524 - Mail: info@antonioiavazzo.it
Sito Web: www.antonioiavazzo.it

Presentazione Stage

In modo mirabile e senza enfasi, Anton Cechov descrive il crollo di un’epoca, il tramonto degli ideali, l’apatìa di un sogno senza azione e il cambiamento sociale ed economico di un sistema in cui la volgarità del tornaconto personale schiaccia con cortese ma inesorabile brutalità la vulnerabilità del sentimento, della memoria, dei piccoli valori privati e affettivi. I sogni continuamente vagheggiati di un’esistenza più felice e più ‘degna’ – si tratti dell’esistenza dell’uomo in generale o di quella del singolo individuo – da parte dei personaggi cechoviani sono destinati a sbriciolarsi, a risuonare come monotone cantilene di una volontà apatica, svuotata di ogni capacità di azione. Tutto questo assomiglia molto a quanto oggi ci riguarda così da vicino. Qui i personaggi si prestano bene a fungere da specchio possibile per ognuno di noi. Sono piccoli uomini e piccole donne “normali” che appartengono ai più diversi ceti sociali ed è proprio nella loro ‘normalità’ che risiede la loro ‘unicità’. In Cechov, come forse in nessun altro autore, davvero non esistono personaggi ‘minori’, perché tutti – protagonisti e comprimari – sono portatori di un’umanità a tutto tondo e di universi interiori in cui è affascinante sprofondare. Con incantevole malinconia e con un pudore tipicamente “russo”, egli ci parla dell'uomo: delle sue miserie, delle sue debolezze, delle più o meno alte aspirazioni, degli affetti più intimi e segreti. Ed attraverso i ritratti indimenticabili di signori, servitori, sorelle, figli e figlie, madri e matrigne, militari, attrici, contabili, maestre e professori, scrocconi e governanti, egli ci restituisce il quadro di un’umanità ricchissima, sofferente e speranzosa, divertente e divertita, in un equilibrio delicato tra il comico e il tragico. Queste situazioni umane e sociali, sempre sospese tra lacrima e sorriso, consentono un viaggio creativo nelle capacità di metamorfosi individuali ed uno studio sulle possibilità di trasformazione del corpo, della voce e delle emozioni dell’attore, un’indagine sui suoi lati oscuri come di quelli luminosi. Il lavoro partirà da alcuni testi di riferimento, che nel corso del laboratorio potranno essere modificati, adattati, riscritti e reinterpretati per giungere ad una “scrittura scenica” originale, forte dell’apporto individuale di ognuno dei partecipanti.
È condizione indispensabile per partecipare al laboratorio la lettura approfondita e la conoscenza delle seguenti opere di Anton Cechov:
Il gabbiano - Tre sorelle - Zio Vanja - Il giardino dei ciliegi
PERCORSI PER LA COSTRUZIONE DEL PERSONAGGIO
Il teatro non è una scienza esatta, non esistono formule valide per tutti.
L’attore è innanzitutto un uomo che porge allo spettatore il suo vissuto ed il suo pensiero. Non credo che esista una possibilità di insegnamento “universale” e la ricchezza creativa di un attore consiste nella messa a fuoco e nell’affermazione della sua individualità specifica. La sua formazione avviene attraverso un percorso progressivo di conoscenze, una costante trasformazione e rielaborazione creativa degli stimoli raccolti che porta all’autoconsapevolezza e ad una scelta di stile.
Esistono tuttavia percorsi di base utili per tutti gli allievi-attori, nella misura in cui possono aiutare ad affinare la scoperta delle proprie peculiarità.
Penso sia importante evitare il rischio di imitare modelli sterili ed essere capaci di selezionare, tra le indicazioni suggerite, quelle più pertinenti alla propria natura, saper ‘personalizzare’ la trasmissione di ogni esperienza.
Il lavoro che proporrò in questo percorso per la costruzione del personaggio cercherà perciò di stimolare l’apporto individuale di ogni allievo-attore.
Elementi ed esercizi per la costruzione di un personaggio
- il ‘gesto primario’ e il ‘centro primordiale’
Il gesto primario è quello che dà senso, armonia e consequenzialità a tutte le azioni.
Se l’attore non trova un ‘centro primordiale’ nel processo di costruzione del proprio personaggio, corre il rischio di naufragare in una pluralità di dettagli, gesti ed azioni confuse che lo allontanano dalla messa a fuoco del nucleo principale su cui fondare il suo apporto creativo.
Dal centro primordiale si irraggiano armonicamente tutti i particolari, che seguono a catena il cosiddetto 'gesto primario'.
Ogni intuizione dell’attore rischia di rimanere insufficiente qualora non sia integrata con il centro primordiale. Una volta afferrato questo “centro”, diventa fondamentale saper ‘mettere gli accenti’, cioè saper distinguere nel processo creativo i “dettagli” necessari a dare completezza al personaggio.
Banalmente, una volta posta la struttura, è più facile mettere le “travi” della costruzione.
L'importanza dei dettagli non deve essere sottovalutata: un singolo dettaglio in teatro può aprire panorami di fantasia ed è spesso più potente di un confuso dispiego di grandi mezzi.
Il minimalismo concorre a scavare la profondità del personaggio.
- l'improvvisazione creativa
Senza improvvisazione non c’è vero teatro.
Il lavoro dell'improvvisazione dà spesso accesso a soluzioni imprevedibili.
Chiaramente è necessario che l’improvvisazione sia “armata”, cioè indirizzata verso un obiettivo chiaro e diventi metodo di indagine e di lavoro.
L’improvvisazione è una materia delicata, spesso può ‘non riuscire’, ma per l’attore è il mezzo migliore per prendere coscienza del suo corpo e delle sue reazioni emotive. In questo senso, è opportuno non “affezionarsi” troppo alla prima buona soluzione, ma cercare sempre anche altre possibilità, per poi magari tornare alla prima soluzione con lo sguardo arricchito dalla nuova ricerca. Un esercizio fondamentale è quello di sviluppare il contrasto delle apparenze, uno spostamento costante del punto di vista, tenendo conto che ogni elemento ‘inaspettato’ apre nuove prospettive. E' fondamentale per un attore creativo conservare la capacità di stupirsi di se stessi. L’energia reale si sviluppa quando è viva la sorpresa. L’improvvisazione aiuta l’attore a raggiungere l’esigenza di felicità del personaggio, uno stato da non confondere con il concetto di ‘felicità’ del personaggio in quanto essere umano, ma piuttosto da intendersi nel senso meta-teatrale della felicità di esprimersi del personaggio attraverso il corpo dell'attore e al tempo stesso della felicità dell'attore di dare vita al personaggio con il proprio corpo.
– i magazzini della memoria'
Riallacciandosi alla famosa e a volte abusata lezione stanislavkjana, Eimuntas Nekrosius chiama “magazzini della memoria” quel serbatoio di ricordi, di impressioni, di immagini che l'attore-uomo porta dentro di sé e che sono sostanzialmente l'esperienza del proprio vissuto.
Nella costruzione di un personaggio, i magazzini della memoria, così come lo scatenamento della fantasia individuale, sono un apporto prezioso per fare del 'personaggio' incarnato da un attore una creazione unica e originale. Infatti, il ricorso ai propri “magazzini” consente all'attore di trasmettere al proprio personaggio un carattere di originalità necessaria indipendentemente dai tratti oggettivi del personaggio stesso.
- il cerchio neutro
Elaborando metodi di costruzione del personaggio già collaudati, Thierry Salmon partiva dal “cerchio neutro”, una sorta di svuotamento espressivo totale da parte dell'attore, allo scopo di creare una base appunto “neutra” su cui impostare le caratteristiche fisico-psicologiche del personaggio attraverso l'analisi del testo, delle relazioni con gli altri personaggi e con l'ambiente e contemporaneamente attraverso l'invenzione creativa individuale dell'attore, che comincia così ad “abitare” il corpo del personaggio. Il doppio lavoro dell'analisi del testo e del ricorso dell'attore alla propria fantasia creativa consente di costruire una “biografia” reale, immaginata ed emotiva del personaggio, che per l'attore è una griglia di stabilità e una riserva di possibilità non scontate. Questo metodo può arricchire l’attore di una ‘costruzione’ forte, che gli consente di far fronte all’imprevisto, di dominare ogni situazione, e dunque di sentirsi in piena armonia con il proprio corpo e con la propria emotività. Il primo passo è dunque la costruzione delle informazioni necessarie a definire il
personaggio stesso: quanti anni ha? com’è fisicamente? che tipo di carattere ha? cosa gli piace?
- il disegno emotivo
Un esercizio utile è quello di immaginare un ‘disegno interiore’ del proprio personaggio: le linee disegnate sono le traiettorie emotive e i pensieri che affollano la mente del personaggio stesso.
Il disegno aiuta l’attore a fissare in solitudine ed in una dimensione di assoluta libertà il percorso che lo conduce al personaggio e a tutte le sue possibili sfaccettature.
E' necessario – una volta definito il ‘disegno emotivo’ – che l’attore si lasci andare alle sollecitazioni creative senza il controllo stretto della volontà e della razionalità, libero da costrizioni preconcette per potersi abbandonare al flusso “musicale” del disegno emotivo.
Questa libertà dal controllo della mente – che non deve essere confusa con una mancanza di consapevolezza del proprio agire - è fondamentale alla ricchezza dell’atto creativo.
Picasso sosteneva che – nel corso dell’atto creativo – la prospettiva e la visione delle cose e della realtà muta continuamente...
– il canto emotivo
Un altro esercizio utile alla costruzione del proprio personaggio è quello del ‘canto emotivo’.
Un esempio banale di ‘canto emotivo’ potrebbe essere quello di un uomo ubriaco che dà libera voce al proprio sentimento interiore, fuori dal controllo della ragione e da ogni freno inibitorio, in piena armonia con lo stato presente del proprio corpo: corpo e voce obbediscono all’imperativo primario che proviene dall’interno.
Il canto emotivo è dunque un dar voce al proprio sentire senza preoccupazioni esterne di forma o di ‘risultato’, e può aiutare l’attore a trovare in modo naturale e non concettuale quel momento magico che è il gesto primario, il vero punto di partenza di ogni azione creativa.
Il corpo dell'attore che si fa personaggio, nella sua totale libertà ma al tempo stesso in un'attenta consapevolezza, è intriso del sentimento da cui si genera il gesto primario, e la partenza di questo gesto – sia essa forte oppure morbida – deve comunque essere sempre ‘carica’, cioè piena del sentimento che la informa.
- il monologo interiore
Il monologo interiore non corrisponde al testo da recitare, ma è frutto delle potenzialità creative dell’attore e si costruisce attraverso il via libera al flusso di pensieri ed emozioni che accompagna l'attore nell'incarnare il personaggio. La definizione del monologo interiore si fonda sulla massima apertura possibile da parte dell’attore a quanto gli sta accadendo intorno. Ogni personaggio è come un ‘vaso di pandora’, contiene informazioni infinite, ed è potenzialmente più ricco e più complesso di quanto non appaia unicamente nel testo scritto. Nella costruzione del monologo interiore è molto importante definire la temperatura emotiva del personaggio. La messa a punto del monologo interiore consente all'attore di muoversi su una base più certa, di cogliere al meglio le energie e di poter sfruttare al meglio le sollecitazioni creative dei partner di scena, e sostanzialmente di non sentirsi mai 'allo sbaraglio'.
– animus e anima
Jung parla di animus e anima.
Questi due concetti possono aiutare l’attore nella costruzione del suo personaggio, intendendo per “animus” la componente maschile e per “anima” quella femminile che abitano ciascuno di noi.
Secondo Jung, il bambino nasce con una predisposizione alla bisessualità, e il processo di educazione familiare, sociale e civile influenza in seguito la sua formazione e le sue scelte.
Nel primo approccio con il personaggio, è auspicabile che l’attore recuperi questo stato primario di predisposizione alla bisessualità, per analizzare con maggiore lucidità la lotta interna tra ‘animus’ e ‘anima’, cioè lo scontro tra le pulsioni della ragionevolezza e quelle dell'emotività.
L'animus focalizza lo sviluppo dei ruoli di autorità, forza, decisione e razionalità, mentre l’anima raccoglie quegli stati emotivi non sempre limpidi e chiari, i gesti nevrotici ed impulsivi, i comportamenti irrazionali o non facilmente riconducibili ad un agire ‘logico’, ma legati in modo molto forte alla realtà interiore.
Animus ed anima operano indistintamente tanto nell’uomo che nella donna, e la consapevolezza delle diverse pulsioni che provengono da essi aiuta l’attore ad arricchire di sfaccettature e di profondità espressiva il suo personaggio.

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