Peppe Barra

  

Teatro Garibaldi:  “La musica dei ciechi”, di Raffaele Viviani

Santa Maria Capua Vetere (CE) – 15 Dicembre 2011

Articolo di Clemente Tecchia

Prosegue la stagione teatrale del Garibaldi di S. Maria Capua Vetere, che giovedì scorso ha visto rappresentato lo spettacolo “La musica dei ciechi”, scritto da Raffaele Viviani e interpretato da un irresistibile Peppe Barra per la regia di Claudio Di Palma. Divisa esattamente in due metà, l’opera prende il via con una parte recitativa intervallata dall’esecuzione di canzoni classiche napoletane: ambientata a Napoli, Barra vi interpreta Ferdinando, un vecchio suonatore di contrabbasso cieco sposato a Nannina (Lalla Esposito) -una prorompente popolana che ne ebbe pietà il giorno in cui lo salvò tempestivamente dall’essere investito da un tram. Colpisce al primo sguardo la resa della scenografia, in cui un grande velo sembra dividere il palco dalla platea: un velo traslucido che sembra un’immensa cataratta e simboleggia la cecità del protagonista, velo su cui si disegnano magiche apparizioni di luci e ombre -anche stavolta emblema del caleidoscopio di percezioni e impressioni che avvolgono Ferdinando/Barra. Si tratta di impressioni di una sensibilità acuita dall’impossibilità di vedere, in ragione della quale il protagonista tende ad affidarsi anche troppo alla voce del popolo del borgo marinaro, delle persone che lo attorniano, prima tra tutte l’ostricaro che malignamente gli mette una pulce nell’orecchio riguardo una presunta infedeltà della moglie, che lui stesso ha visto appartarsi in un androne con un altro uomo. L’altro uomo in questione però altri non è che un amico di famiglia il quale, impietositosi per le precarie condizioni economiche dei due, si offre di anticipare i soldi della ‘piggione’. Tuttavia la labile traccia di un sospetto è più che sufficiente a Ferdinando per scagliarsi contro la donna, anche se alla fine la verità trionferà e con essa il perdono. Al di là delle battute e della comicità se vogliamo facile e immediata, questa prima parte dell’opera offre in lettura come sottotraccia un tema assai meno superficiale: la condizione umana, personificata paradossalmente da un uomo che non condivide col resto dell’umanità il più prezioso dei beni, la vista: e che pure viene a rappresentare, per ciò, quasi come un meccanismo cui sia stato tolto il coperchio per meglio guardare gl’ingranaggi che si agitano al suo interno. L’insicurezza, la sfiducia, la crudeltà, il sospetto, l’interazione col mondo esterno che, essendosi per lui ridotto ai soli suoni, diventa ancor più enigmatico, falso e ingannevole. Un universo in cui è stata spenta la luce, e che quindi inizia a rivelare tra i contorni sfumati e nebbiosi delle cose un’altra verità, più profonda, più avvilente e sconfortante. Una verità senza menzogne, in cui il cieco raggiunge nozione di cose altrimenti negate ai più. Nella seconda parte dello spettacolo grazie all’accompagnamento di bravi musicisti ‘tradizionali’ si è assistito a una serie di interpretazioni di immortali canzoni classiche napoletane (tra cui, emblematicamente, la splendida “Uocchie c’arraggiunate”), oscuramente intervallate a tratti dall’eco della voce del protagonista che sembra ancora una volta cercare conferma dei suoi dubbi, delle sue paranoie. Su tutto giganteggia l’eccezionale capacità vocale di Barra, che tanto nei recitativi quanto nelle canzoni utilizza le corde vocali come un autentico strumento, riuscendo a piegarle alle più svariate esigenze. Una voce subito riconoscibile, quasi un marchio di fabbrica per quello che è senza dubbio tra i più grandi attori teatrali italiani, cosa di cui sulle assi del Teatro Garibaldi ha dato –putacaso se ne sentisse il bisogno- ulteriore conferma.

consulta: Teatro Garibaldi: cartellone 2011/12

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