Teatro Civico 14: Viola (io ti amavo)

Caserta– 16 marzo 2012

Articolo di Clemente Tecchia

“Il desiderio di violenza e il bisogno di amore”. Se fosse dato riassumere un personaggio teatrale in una sola frase, forse questa sarebbe la più adatta; ma sbaglieremmo di grosso a credere che sia più facile riassumere in tal modo un personaggio, rispetto a una persona vera.
L’anonimo – e esteriormente anodino – personaggio in questione è il protagonista dello spettacolo “Viola (io ti amavo)”, la cui prima nazionale si è tenuta sabato scorso presso il Teatro Civico 14 di Caserta (in replica domenica): per l’attrice Ilaria Delli Paoli si è trattato del debutto alla regia, interpretato da Antimo Navarra che è anche autore della sceneggiatura ispirata dal libro di Claudio Camarca “Un uomo perbene”, opera incentrata su un tabù nei cui riguardi la nostra obiettività viene spesso meno.
Efebofilia e pedofilia, di cosa si tratta? È una malattia, una devianza mentale, oppure è un atteggiamento naturale per l’uomo, annidato come tanti altri (i genocidi di cui fa disgustata menzione il protagonista) in quella oscura regione del nostro cervello, ricettacolo delle pulsioni più oscure? E se è un qualcosa in fondo naturale, come l’omosessualità, c’è ragione (una ragione aberrante, coltivabile solo nella prospettiva dei diretti interessati) che un giorno, proprio come avvenuto per l’omosessualità, anche questa venga sdoganata? Liberata da un rifiuto ‘culturale’, rifiuto suscettibile – come tutto ciò che è culturale, e quindi non universale – di un ripensamento collettivo che riveda l’attuale esecrazione? Sono tutte domande lasciate in sospeso dallo spettacolo, riflessioni dure ma su cui ci si deve cimentare a cuore sgombro se si vuole, come afferma Delli Paoli, “almeno capire fino in fondo prima di giudicare”. Abbiamo incontrato la regista e l’attore dopo la rappresentazione, ancora carichi dell’emozione che il pubblico ha riversato su loro di rimando dopo esserne stato colpito per primo. “Si è trattato di un lavoro che pensavo da anni; in principio il testo che avremmo dovuto portare in scena era molto più crudo, e Antimo ha dovuto edulcorarlo non poco per renderlo ‘digeribile’. D’altro canto è stato molto facile lavorare con lui, ci conosciamo da dieci anni, abbiamo fatto un percorso comune come attori, quindi si è creata una sinergia in cui l’uno dava e riceveva dall’altro, una complementarietà che ha permesso di attuare tutto ciò che c’era nella mia testa riguardo a come dovesse essere lo spettacolo. La preparazione vera e propria ha richiesto un mese e mezzo di duro lavoro. Tra l’altro, ho trovato significativo constatare quanto pochi siano gli spettacoli teatrali che trattino dello stesso argomento”.
Viola è il nome della tredicenne al centro del racconto; è il nome di un fiore esile e delicato, ma la stessa parola, basti far calare l’accento sulla i, può trasformarsi in vìola, voce del verbo seguito (religiosamente) dal protagonista - mentre per noi spettatori è più di tutto in quello stesso verbo che è racchiusa l’angoscia, il movente dell’odio e del disgusto che proviamo verso pedofili e efebofili: l’atto stesso del ‘violare’ qualcosa di comunemente sentito e concepito come sacro, l’infanzia e la pubertà.
L’efficace scenografia è stata curata da Antonio Buonocore sulle indicazioni della stessa Delli Paoli, e rappresenta un ambiente diviso in due da una fila di vestiti appesi a stampelle: da un lato, una poltrona girevole e una ventiquattrore simboleggiano la quotidiana attività del protagonista, avvocato separatista; dall’altro, una pila di inquietanti scatole nere in un angolo e soprattutto un tavolino e due sedioline adatte ai bambini rivelano le sue vere inclinazioni. Egli è un camaleonte (come dimostrato dai frequenti cambi d’abito in scena), una forma di vita interstiziale, pronta a scattare in modo bruciante ogniqualvolta senta la necessità di un “pasto”, come lui stesso definisce lo stupro di una minorenne. Ma il protagonista è volutamente sottratto a una facile gogna che sarebbe più che altro consolatoria per i ‘normali’: no, quella della regista è un’analisi che di consolatorio non vuole avere nulla, e che anzi tende a sottolineare la contiguità dell’aberrazione e della normalità.
Nel finale infatti, sulle tragiche definitive note della Quinta Sinfonia di A. Dvoràk, ci si sente quasi al cospetto di un antieroe: l’orco che per una volta giganteggia in tutta la sua evidenza e asserisce “io sono qua”, che rivendica per sé un posto nel mondo, senza bisogno di nascondersi e rifuggire genitori e polizia, tribunali e carceri (dove sa che l’attendono due soli possibili destini: suicidio o omicidio da parte di altri internati). Come sottolineato dalla regista, non si tratta di un modo per creare allarmismi e psicosi, ma semplicemente per far comprendere la banalità del male, il fatto che i pedofili non siano mostri delle fiabe ma persone come noi – in fondo - , mosse da desideri, paure, pulsioni, e irragionevolmente anche amori diversi (orribilmente diversi) ma basicamente analoghi a quelli del resto dell’umanità.
C’è da dire che mai come in questa occasione le panche del teatro (e le coscienze degli spettatori) abbiano scricchiolato così insistentemente, quasi si fosse trattato di panche che scottano: e d’altra parte quello di proporre come prima regia un testo basato su uno dei temi più difficili della società contemporanea è stato un atto coraggioso. Delli Paoli è riuscita con padronanza a dirigere uno spettacolo impeccabile, cristallinamente angoscioso; Navarra (tra l’altro al suo primo monologo) ha dato un’eccellente prova interpretando un personaggio in cui non è facile immedesimarsi, e di cui poi è ancor più difficile smettere i panni: tanta è la sua virulenza intrinseca, tanto il peso che sente incombere da parte di un pubblico completamente all’amo. Una presenza scenica da compatire, schifare, odiare, temere, che è riuscita in alcuni momenti a far tremare fin nelle ultime fibre quanti presenti, sia per le parole che ne evocavano le azioni sia per l’indecifrabile, remota espressione del viso, specchio di altrettanto remoti e incomunicabili sentimenti.

Consulta: Stagione teatrale al Teatro Civico 14

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