Officina Teatro: K ovvero l'Innocente

S. Leucio (CE) – 28 Febbraio 2009

Articolo di Rossella Barsali

K ovvero l'Innocente, presentato sabato 28 Febbraio e Domenica 1 Marzo e in replica dal 6 all’8 Marzo, è liberamente tratto da “Il processo” di Kafka, scritto e diretto da Roberto Solofria.
“Officina” evoca rumori e lapilli di saldatrici, maschere di protezione, tute bianche, fatica e capannoni. Ed un capannone è il contenitore del progetto di “Mutamenti” (Solofria-Pagano), un’opificio di duro lavoro teatrale, di sperimentazione intellettuale e sociale, passata al setaccio a maglie strette delle emozioni; scintille creative, che accendono interesse in qualunque ambito artistico esse cadano… Un teatro “Barnum”, con un’arena dove i convenuti da platea diventano palco, coinvolti obbligatoriamente - senza gioco delle parti - in un’esperienza emotiva che lascia il segno e crea vincoli.
C’è in “Der Prozess” (capolavoro incompiuto di Kafka), nell’oscura vicenda di Joseph K., dichiarato colpevole di un reato indefinito che perde contorni al dipanarsi della vicenda, c’è in nuce il germe del nazismo, antesignano sinistro dell’Olocausto, apoteosi della vittima colpevole di nulla. Solofria adatta, traspone e compone “L’Innocente” nel 1995 “saldando” alla “propria” vittima le tematiche della perdita di riferimenti, l’annichilimento della propria identità sociale, la colpevolezza come fatalità, come mezzo di raggiungimento dei fini altrui. Vittima che lui vuole sia un campano, e non a caso! “’O sole, ‘o mare,’o cielo senza culore” è un rimpianto antico, rimanda alle radici profonde della sofferenza di un popolo vittima e perciò colpevole. E senza colore vuol dire il nero della benda sugli occhi, che interrompe lo sguardo sul futuro, il nero del perimetro della cella, dove ciecamente si visse consapevoli di non vivere. Solofria è un acrobata della metafora, predispone tutte le armi che il teatro gli offre: le maschere bianche dei carcerieri che annullano l’umanità e alterano le voci, gli spot accecanti ed il buio inquietante, enigmatici ritorni armonici e asfissianti rimbombi, il ripetersi degli indumenti candidi e diversi per ogni personaggio (sontuosi quelli del Giudice, la penetrante Ilaria Delli Paoli; modesti quelli del Coraggioso Cittadino, un superbo Antimo Navarra interprete del personaggio schivo, mediocre e abietto; quasi cerimoniali quelli del vero Colpevole, Rosario Lerro… anche aiuto regia).
Il ritmo è ondivago, incalza nei monologhi che acuiscono il disagio creato ad arte dai cappi a caviglie e polsi, gocciolando lento nei risentimenti del prigioniero, misteriosamente avvinto ai destini altrui, le cui futilità diventano le sue fatalità. Ma le catene che vincolano il Maresciallo e l’Appuntato (2 in 1, splendido Francesco Magliocca!), il Giudice, il Vero Colpevole ed il Coraggioso Cittadino sono un monito beffardo alla macchina burocratica, che impone e non propone.
Dal 1914 al ‘95 fino ai giorni nostri… Chi ha paura di “Mutamenti”?

Consulta: Officina Teatro – San Leucio Caserta.

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