Teatro Comunale Di Caserta: Stagione Teatrale 2012/2013
Caserta– dal 23 al 25 maggio 2012
Comunicato stampa
Da mercoledì 17 a venerdì 19 Ottobre (mercoledì e giovedì ore 20.45 – venerdì ore 18.00), per l’inaugurazione della la nuova stagione teatrale 2012-2013 del Teatro Comunale di Caserta, dopo il debutto nazionale al 75° Festival del Maggio Musicale Fiorentino, lo spettacolo “Viviani Varietà - Poesie, parole e musiche del Teatro di Raffaele Viviani in prova sul piroscafo Duilio in viaggio da Napoli a Buenos Aires nel 1929” diretto da Maurizo Scaparro con protagonista Massimo Ranieri inizia la tourneè con il debutto regionale al Teatro Comunale di Caserta.
con Ernesto Lama e con Roberto Bani, Angela De Matteo, Mario Zinno, Ivano Schiavi, Ester Botta, Rhuna Barduagni, Antonio Speranza, Simone Spirito, Martina Giordano,
l’orchestra: Massimiliano Rosati, chitarra, Flavio Mazzocchi, pianoforte, Mario Guarini, contrabbasso, Donato Sensini, fiati, Mario Zinno, batteria
elaborazione musicale Pasquale Scialò, testi a cura di Giuliano Longone Viviani
scene e costumi Lorenzo Cutuli, movimenti coreografici Franco Miseria
Lo Spettacolo
Sono passati circa 150 anni dalla nascita del Varietà come genere e nella più assoluta imprevedibilità, quasi all’insaputa sua e nostra, è diventato nel volgere degli anni un fenomeno culturale autonomo per originalità di idee, stimolanti confronti e provocazioni, commistioni di linguaggi (segnatamente di prosa e musica) che hanno talvolta cambiato la fisionomia del teatro in Europa.
In questo “Viviani Varietà” abbiamo pensato al viaggio che nel 1929 Viviani e la sua compagnia avevano fatto sul piroscafo Duilio da Napoli a Buenos Aires per una lunga tournée nel Sud America e abbiamo voluto immaginare le prove dello spettacolo realmente destinato agli emigranti italiani che con loro attraversavano l’oceano per un avvenire incerto da costruire.
Posto di fronte al prepotente arrivo del cinema e alla grande crisi economica degli anni Venti, il Varietà andava modificandosi, istintivamente per sopravvivenza, in avanspettacolo, e le sue forze sparse e vivacissime cercavano altre possibilità per esprimersi, in palcoscenico e altrove, non estinguendosi, ma conservando intatte le sue vivacità espressive.
Così, al malinconico inchino dei comici di varietà, allo schermo che calava sulle loro teste troncando lo spettacolo dal vivo, sembrano emblematicamente riallacciarsi gli interrogativi che oggi una parte del teatro si va ponendo sul rapporto con le tecnologie più avanzate e con gli altri mezzi di comunicazione artistici e/o tecnici. A questi interrogativi che sono il futuro del nostro mestiere e alla convinzione che il teatro potrà continuare a commuoverci, a divertirci e a sorprenderci, è dedicato questo nostro spettacolo. (Maurizio Scaparro)
Note di regia
Se potessimo, accanto a ricordi, nostalgie, rimpianti inevitabili nei confronti del “varietà”, cogliere anche quei fermenti, quelle sorprese, quelle vitalità che ne stanno facendo grande la storia ancora incompiuta, il risultato del nostro lavoro di palcoscenico sarebbe certo utile, forse anche felice, perché consentirebbe alcune riflessioni parallele al “divertimento”. Partendo anzitutto, e questo è naturale, dall’omaggio a chi questo teatro ha vissuto, scritto, recitato. Ed è anche per questo che abbiamo scelto, come grande testimone di questo mondo così ricco, Raffaele Viviani e il suo teatro, privilegiando così quella parte che nasceva o si sviluppava in quel vitalissimo giacimento culturale che per il Varietà era ed è Napoli, esplicito riferimento nell’esperienza come nella parodia al teatro di “prosa”, deformandola con affetto o per necessità salutare di irrisione. C’era in quegli anni, come c’è oggi, un forte desiderio di cambiamento, di mettere in discussione con ironia, con lo scherzo, con la sorpresa, con il distacco anche malinconico, talvolta con la satira, lo stesso fare teatro. Accenni, esempi, frammenti di una vasta, immensa storia che un solo spettacolo non potrà mai rappresentare compiutamente; segnalati comunque a chi li conosce, a chi li scopre, a chi vuole capire a fondo quell’impasto teatrale e drammaturgico che passava nel primo ‘900 per i teatri di varietà, a Napoli, a Roma, in Italia e in Europa. (Maurizio Scaparro)
Programma:
Lunedì 22, Martedì 23, Mercoledì 24 Ottobre
Gli Ipocriti Coop. spa presenta Massimo Ranieri in “Viviani Varieta’” poesie,
parole e musiche del Teatro di Raffaele Viviani, regia Maurizio Scaparro
testi a cura di Giuliano Longone Viviani - elaborazione musicale Pasquale Scialò
con Ernesto Lama, Angela De Matteo, Mario Zinno, Roberto Bani,Ester Botta, Ivano
Schiavi
l’orchestra: Massimiliano Rosati, chitarra , Flavio Mazzocchi, pianoforte ,
Mario Guarini, contrabbasso, Donato Sensini, fiati , Mario Zinno, batteria
scene e costumi Lorenzo Cutùli - movimenti coreografici Franco Miseria - luci
Valerio Peroni
Sono passati circa 150 anni dalla nascita del Varietà come genere e nella più
assoluta imprevedibilità, quasi all’insaputa sua e nostra, è diventato nel
volgere degli anni un fenomeno culturale autonomo per originalità di idee,
stimolanti confronti e provocazioni, commistioni di linguaggi (segnatamente di
prosa e musica) che hanno talvolta cambiato la fisionomia del teatro in Europa.
Se potessimo accanto a ricordi, nostalgie, rimpianti inevitabili nei confronti
del “varietà”, cogliere anche quei fermenti, quelle sorprese, quelle vitalità
che ne stanno facendo grande la storia ancora incompiuta, il risultato del
nostro lavoro di palcoscenico, delle nostre “prove”, potrebbe essere certo
utile, forse anche felice, perché consentirebbe alcune riflessioni parallele al
“divertimento”, partendo anzitutto, e questo è naturale, dall’omaggio a chi
questo teatro ha vissuto, scritto, recitato. Esiste in alcuni di noi la memoria
storica o il lontano ricordo di un mondo frequentato mentre già stava cambiando.
Questa preziosa memoria storica è stata il nostro filtro; e quando ci è parso
che la memoria stesse mutandosi da storia a cronaca lì ci siamo fermati. Ed è
anche per questo che Massimo Ranieri ed io abbiamo scelto come grande testimone
di questo mondo così ricco Raffaele Viviani e il suo teatro, privilegiando così
quella parte che nasceva o si sviluppava in quel vitalissimo giacimento
culturale e musicale che per il Varietà era ed è Napoli, esplicito riferimento,
nell’esperienza come nella parodia, al “teatro di prosa”, deformato con affetto
o per necessità salutare di irrisione. C’era in quegli anni, come c’è oggi, un
forte desiderio di cambiamento, di mettere in discussione con ironia, con lo
scherzo, con la sorpresa, con il distacco anche malinconico, talvolta con la
satira, lo stesso fare teatro. Gli studi che si sono fatti e che si vanno
facendo oggi in Italia e in Europa sulla musica “pop”, trovano una felice
testimonianza in Viviani e questo spettacolo ne è anche un voluto
riconoscimento, che non casualmente parte dalla sua presenza al Maggio Musicale
Fiorentino. In questo “Viviani Varietà” abbiamo pensato al viaggio che nel 1929
Viviani e la sua compagnia avevano fatto sul piroscafo Duilio da Napoli a Buenos
Aires per una lunga tournée nel Sud America e abbiamo voluto immaginare le prove
dello spettacolo realmente destinato agli emigranti italiani che con loro
attraversavano l’oceano per un avvenire incerto da costruire. Posto di fronte al
prepotente arrivo del cinema e alla grande crisi economica degli anni Venti, il
Varietà andava modificandosi, istintivamente per sopravvivenza, in
avanspettacolo, e le sue forze sparse e vivacissime cercavano altre possibilità
per esprimersi, in palcoscenico e altrove, non estinguendosi, ma conservando
intatte (e talvolta positivamente modificate) le sue vivacità espressive. Così,
al malinconico inchino dei comici di varietà, allo schermo che calava sulle loro
teste troncando lo spettacolo dal vivo, sembrano emblematicamente riallacciarsi
gli interrogativi che oggi una parte del teatro si va ponendo sul rapporto con
le tecnologie più avanzate e con gli altri mezzi di comunicazione artistici e/o
tecnici. A questi interrogativi che sono il futuro del nostro mestiere e alla
convinzione che il teatro potrà continuare a commuoverci, a divertirci e a
sorprenderci, è dedicato questo nostro spettacolo. Maurizio Scaparro
Venerdì 16, Sabato 17, Domenica 18 Novembre
Teatro Franco Parenti presenta Alessandro Haber in “Una Notte In Tunisia” di
Vitaliano Trevisan, regia Andree Ruth Shammah
con la collaborazione di Barbara Petrecca per le scene e i costumi, Gigi
Saccomandi per le luci, Yuval Avital per la scenografia sonora di "Mise en abime",
sperimentazione sonora realizzata da RAI-Direzione Strategie Tecnologiche con il
CRIT di Torino e il CPTV di Milano
I cieli proiettati sul fondale sono di Pietro Guccione
regista assistente Federica Santambrogio | assistente allo spettacolo Anna de
Bortoli | direttore
dell’allestimento Alberto Accalai | elettricista Domenico Ferrari | fonico
Matteo Simonetta
Produzione Teatro Franco Parenti
si ringrazia per la collaborazione Gli Ipocriti
Si potrebbe definire ‘Una notte in Tunisia’ un classico contemporaneo, dove
Vitaliano Trevisan, una delle penne più autorevoli della drammaturgia italiana,
racconta gli ultimi giorni di vita di X, un uomo dal forte carisma, il cui
destino è segnato dalla sua natura, dalla sua incapacità di fingersi quello che
non è. Andrée Shammah offre una lettura del testo che sposta lo sguardo dalla
cronaca degli ultimi giorni di vita di Craxi (X è il nome con il quale il
personaggio è indicato nel testo) per alzarlo più in alto e trasformarlo in
metafora del potere e della sua caduta. Molto apprezzato la scorsa stagione sia
dal pubblico che dalla critica, lo spettacolo ha per protagonista un Alessandro
Haber in stato di grazia che dà fisicità ad un personaggio di Thomas Bernhard
“con la sua voracità, il suo talento, la sua energia sempre pronta ad
esplodere”, è immerso in un corpo a corpo con la parola scritta alla quale non
vuole rinunciare e che ha bisogno di verificare con se stesso e con tutti quelli
che ha intorno, primo fra tutti il fedele e indispensabile Cecchin, portiere
d’albergo, che dà ritmo allo spettacolo e muove con leggerezza la scena e le
azioni dei personaggi: il fratello preda di contraddizioni e paure e la moglie
che cerca inutilmente di convincerlo a partire.
L’ennesima prova che il teatro ha la forza di volare oltre il presente e
diventare metafora della vita.
Venerdì 7, Sabato 8, Domenica 9 Dicembre
Teatro stabile di Calabria presenta Geppy Glejeses e Lello Arena in “Miseria E
Nobilta’” di Eduardo Scarpetta, regia Geppy Glejieses (nostro
articolo)
La commedia ha come protagonista Felice Sciosciammocca, celebre maschera di
Eduardo Scarpetta, e la trama gira attorno all'amore del giovane nobile Eugenio
per Gemma, figlia di Gaetano, un cuoco arricchito. Il ragazzo è però ostacolato
dal padre, il marchese Favetti, che è contro il matrimonio del figlio per via
del fatto che Gemma è la figlia di un cuoco. Eugenio si rivolge quindi allo
scrivano Felice per trovare una soluzione. Felice e Pasquale, un altro
spiantato, assieme alle rispettive famiglie, si introdurranno a casa del cuoco
fingendosi i parenti nobili di Eugenio. La situazione si ingarbuglia poiché
anche il vero Marchese Favetti è innamorato della ragazza, al punto di
frequentarne la casa sotto le mentite spoglie di Don Bebè. Il figlio, scopertolo
e minacciatolo di rivelare la verità, lo costringerà a dare il suo consenso per
le nozze.
Venerdì 14, Sabato 15, Domenica 16 Dicembre
Enfi Teatro presenta Carlo Buccirosso in “Finchè morte non vi separi!” di Carlo Buccirosso,
regia Carlo Buccirosso (nostro
articolo)
scritto e diretto da Carlo Buccirosso
Scenografia Gilda Cerullo
Costumi Zaira De Vincentis
Disegno Luci Francesco Adinolfi
Musiche Bruno Lanza
Dopo il grande successo de I compromessi sposi, Il miracolo di Don Ciccillo e
Napoletani a Broadway, torna a grande richiesta Carlo Buccirosso con la sua
straordinaria compagnia, in una commedia esilarante, ironica tagliente e con la
grazia tipica della commedia tradizionale popolare!
In un piccolo paese di provincia, Don Guglielmo sta per celebrare il matrimonio
dell’anno tra 2 giovani di famiglie ben in vista, ma qualcosa non andrà per il
giusto verso… ..."forse a causa di un'improvvisa discordia tra i promessi
sposi...o forse solo per un semplice inciucio di paese...o magari per la
classica intrusione del terzo incomodo?!..
Spetterà al povero parroco, intralciato dalle indagini via internet di sua
sorella Rosa e da quelle di uno stravagante sagrestano, tenere a bada le due
famiglie ed a riportare sulla retta via Carolina e Saverio, finchè morte non li
separi!"
Sabato 5 gennaio ore 20.45 e domenica 6 gennaio ore 18.00 (fuori
abbonamento), Ra.Ma. 2000 International presenta Massimo Ranieri in "Canto
Perché Non So Nuotare Da…500 Repliche"
Dopo quattro stagioni, e più un milione e mezzo di spettatori, lo show di
Massimo Ranieri continua il suo tour in tutta Italia superando addirittura le
600 repliche.
Nato in occasione dei 40 anni di attività dello straordinario artista
napoletano, lo show è andato ben oltre quella ricorrenza, in scena Ranieri canta
balla e recita, interpretando i suoi successi più popolari, accanto a brani dei
più grandi cantautori italiani.
Per queste due serate lo spettacolo, ideato e scritto da Gualtiero Peirce e
Massimo Ranieri, si arricchisce di novità:
Ranieri interpreta due canzoni inedite, che si aggiunge al suo repertorio più
amato, dal titolo: “Tutte le mie leggerezze” e “ Ho bisogno di te”
..e sorrido e poi mi adombro,qualche indugio e poi rivivo sempre al sole..
poi mi fermo,ci ripenso, mi rabbuio,ma ritorno sempre al sole….
Questi sono i versi che più lo rappresentano…!
All’orchestra e al balletto di sole donne si uniscono tre formidabili, giovani
voci femminili oltre alla partecipazione straordinaria del ballerino di tip tap
Federico Pisano e del cantante senegalese Badara Seck.
E non mancherà qualche spettacolare sorpresa nel racconto delle tappe più
emozionanti della sua vita, che costituisce il filo conduttore dello show.
I costumi sono di Giovanni Ciacci. Le coreografie di Franco Miseria. Il light
designer è Maurizio Fabretti.
Venerdì 11, Sabato 12, Domenica 13 Gennaio (nostro
articolo)
Cardellino srl presenta Silvio Orlando in “Il Nipote Di Rameau“ di Denis Diderot,
regia Silvio Orlando
Il nipote di Rameau è uno dei capolavori della satira illuminista della seconda
metà del Settecento. Diderot lo concepì come un dialogo immaginario e grottesco
fra se stesso e Jean-François Rameau, nipote del famoso musicista Jean-Philippe
Rameau: un uomo amorale e cinico, geniale e sgradevole, provocatore e scaltro.
Le sue posizioni, sempre in bilico fra sublime e volgarità, paradosso e grande
verità, sovvertono i valori etici e morali di Diderot, mettendolo in crisi
attraverso un continuo rovesciamento delle prospettive del positivismo e
dell'umanesimo.
Silvio Orlando, con la collaborazione di Edoardo Erba, riflette sul ruolo
dell'intellettuale nel mondo moderno, sulla sua presunta autonomia e
incorruttibilità. Al suo interno, possiamo trovare una riflessione sulla
differenza fra cultura delle élite e cultura popolare, sulle ipocrisie e le
ambiguità della nostra società civile.
Un'ora e un quarto circa di conversazione, che mette a confronto i limpidi
ideali di Diderot con le torbide, ma quanto mai franche e concrete, certezze di
Rameau, suscitando nello spettatore una serie di riflessioni.
Pensieri sui ruoli sociali imposti e assunti, sull'onestà e sul “fare ciò che
conviene”, nella piena convinzione che se “pecunia non olet”, meno ancora puzza
il potere. Anche quello che si ottiene di riflesso.
Così, come deve essere, resta saldo il dubbio che questa dissoluta anima sia, in
realtà, un raffinato pensatore capace di capovolgere le teorie del filosofo, non
solo uno spregiudicato opportunista votato alla lusinga per interesse.
Il duello dialettico, condotto a ritmi dispari, non offre facili soluzioni ma
lascia il pubblico con la responsabilità di una scelta di pensiero.
Venerdì 25, Sabato 26 e Domenica 27 Gennaio (nostro
articolo)
Fondazione Teatro di Napoli e Teatro Nazionale del Mediterraneo presentano
Stefania Rocca, Daniele Russo in “Ricorda Con Rabbia“ di John Osborne, regia
Luciano Melchionna
Note di regia: Con Ricorda con rabbia di Osborne sono in scena le vicissitudini
di un gruppo di ragazzi, le loro vicende personali e la storia d’amore dei due
protagonisti ma la tragedia umana 'privata' diviene paradigmatica di un'intera
generazione. Un’inquietudine profonda, la frustrazione ed il senso d’ impotenza
sono temi che ogni spettatore può riconoscere come propri, o in chi gli vive
accanto, o nello sconosciuto che tutti i giorni prende con lui l’autobus e che
improvvisamente esplode nella furia omicida. E' l’uomo “contro”, che non
distingue più i confini della sua rabbia, è contro anche le campane che
irrompono nella discussione, è contro la padrona di casa, è persino ‘contro’ la
pioggia.
Ricorda con rabbia è apologia della rabbia irruenta, disperata, generalizzata,
quella che ci circonda ora, rabbia verso una realtà che va liquidata, rivista
alle radici.
A suo tempo la piéce venne definita “manifesto di una generazione”: oggi
potremmo dire che ha preannunciato i nostri tempi ed è ancora il manifesto di
chi si scontra con una società indifferente.
E’ l’ira di chi affronta con furia chi si trincera nella sua cittadella a difesa
dell’arroganza e della nebulosità dei suoi finti moralismi, di convenzioni e
ipocrisie sociali, che non lasciano spazio né consolazione agli altri.
L’uomo contro è ucciso dalla noia, dalla ripetitività delle cose quotidiane e in
particolare dalle domeniche, urla perché gli altri si risveglino dall'indolenza
e riscoprano un qualche entusiasmo, un qualche interesse nel presente che ai
suoi occhi appare orripilante e disgustoso, anche nei giornali e nelle cronache
culturali.
Sembra dirci ancora oggi: “mutate animo, non vi accorgete del dolore che andate
seminando? io ne sono l’emblema, il Cristo crocifisso dall’indifferenza!” E alla
fine,violento e malinconico, si ripiega su se stesso, cerca il contatto,
recupera la sua dimensione umana e affettiva, al riparo delle trappole esterne.
"E' nato in un'epoca che non è la sua": ma qual è la sua epoca?
E’ difficile trovare ancoraggio in una società regolata da norme che non si
riconoscono.
Oggi a quasi sessanta anni dalla prima rappresentazione del 1956 al Royal Court
Theatre di Londra, il testo di Osborne è quanto mai attuale, è la tragedia di
una solitudine individuale che si fa collettiva, in una incomunicabilità
pressoché totale, in una micro collettività giovanile totalmente priva di
entusiasmo e stimoli, senza riferimenti culturali forti cui far riferimento,
incastrata in consuetudini imposte da un estrerno che la fagocita per il suo
guadagno, che ne brucia la possibilità e la creatività. L'uomo 'contro' è il
giovane arrabbiato di questa generazione che non sa più in cosa credere e si
attorciglia su se stesso alla ricerca di un’improbabile emancipazione fatta di
eccessi, di coazione a ripetere; ma si trasformerà fino a diventare l'uomo
'per'?
L’ansia per una società più giusta sembra riaffacciarsi in questa epoca così
sciatta nel sentire, così incapace di empatia, così prossima al collasso. Cosa è
cambiato da quel lontano 1956?
Per ora la risposta è ancora la rabbia.
Venerdì 8, Sabato 9 e Domenica 10 Febbraio (nostro
articolo)
Produzioni Teatrali Paolo Poli Associazione Culturale presenta Paolo Poli in
“Aquiloni“, due tempi di Paolo Poli, liberamente tratti da Giovanni Pascoli,
regia Paolo Poli con Fabrizio Casagrande, Daniele Corsetti, Alberto Gamberini,
Giovanni Siniscalco
Aquiloni: allegoria del comporre poetico, giocattolo antico preindustriale che
affettuosamente ci ricorda Giovanni Pascoli. Fino alla metà del Novecento la
scuola italiana si nutrì della sua produzione. La critica letteraria a
cominciare da Croce privilegiò le rime giovanili, fino a Contini che ne elogiò
il plurilinguismo, a Pasolini che rilevò la dicotomia psicologica, per arrivare
a Baldacci che ne curò la ricca antologia. Da Myricae e dai Poemetti lo
spettacolo intende evocare la magia memoriale e la saldezza linguistica nelle
figure contadine di un'Italia ancora gergale.
I floreali motivi della Bella Epoque accompagneranno gli ascoltatori nel ricordo
del volgere del secolo. Le scene sono sempre del grande Emanuele Luzzati, i
costumi di Santuzza Calì, le musiche di Jacqueline Perrotin e le coreografie di
Claudia Lawrence. Accanto a Paolo Poli quattro attori di vaglia e uno staff
tecnico di prim'ordine.
Venerdì 15, Sabato 16 e Domenica 17 Febbraio (nostro
articolo)
Elledieffe e Teatro Stabile dell’Umbria presenta Luca De Filippo, Massimo De
Matteo, Nicola Di Pinto, Carolina Rosi in “La Grande Magia” di Eduardo De
Filippo, regia Luca De Filippo. scene e costumi Raimonda Gaetani
Continuando il lavoro di approfondimento sulla drammaturgia di Eduardo del primo
dopoguerra, a partire da ottobre 2012 la Compagnia di Teatro di Luca De Filippo
propone LA GRANDE MAGIA, commedia tra le meno rappresentate del grande
drammaturgo napoletano, messa in scena solo dalla stesso Eduardo con la sua
compagnia e poi da Giorgio Strehler con il Piccolo Teatro di Milano dal 1985 in
poi. A chi gli chiedeva cosa aveva voluto dire con “La Grande Magia”, Eduardo
rispondeva che aveva voluto significare che “la vita è un gioco, e questo gioco
ha bisogno di essere sorretto dall’illusione, la quale a sua volta deve essere
alimentata dalla fede…. Ogni destino è legato ad altri destini in un gran gioco
eterno del quale non ci è dato scorgere se non particolari irrilevanti” (Il
Dramma, marzo 1950)
Il tema sostanziale de “La Grande Magia” è il rapporto tra realtà, vita e
illusione: il Professor Otto Marvuglia fa “sparire” durante uno spettacolo di
magia la moglie di Calogero Di Spelta per consentirle di fuggire con l’amante, e
fa poi credere al marito che potrà ritrovarla solo se aprirà con totale fiducia
nella fedeltà di lei la scatola in cui sostiene sia rinchiusa. Alla fine la
donna ritorna pentita, ma il marito si rifiuta di riconoscerla, preferendo
restare ancorato all’illusione di una moglie fedele custodita nella inseparabile
scatola. Ove si consideri il periodo di scrittura e prima messa in scena del
testo, tra il 1947 e il 1950, va rilevato la sua modalità coraggiosamente
sperimentale, con numerosissimi riferimenti meta teatrali: Eduardo parla in modo
preciso del rapporto tra il mondo del teatro e quello degli spettatori, e dei
confini, invisibili ma invalicabili, tra queste due realtà complementari. Ma
parla forse anche della crisi di un autore che aveva creduto di trovare la
propria funzione negli anni difficili ma pieni di speranza e di entusiasmo del
primo dopoguerra e si accorge che il mondo - cieco e sordo - preferisce non
guardare in faccia la realtà: in particolare il teatro è considerato un’arte
accessoria, non uno strumento di allerta ma solo un tranquillizzante gioco di
illusione. Così il protagonista Otto Marvuglia “professore di scienze occulte,
celebre illusionista” - come recita la locandina prima del testo - fa sì tornare
alla mente la figura di SikSik “artefice magico” ma con ben altre scaltrezze e
capacità di manipolare: e tutto diviene più inquietante.
“Le ragioni per le quali si sceglie una commedia sono sempre molteplici ed è
difficile trovare a tutte una spiegazione. La grande magia nasce in un contesto
storico affine a quello di Napoli milionaria!, Filumena Marturano e Le voci di
dentro; tuttavia trovo che questa commedia, rispetto alle altre che ho messo in
scena sino ad ora, abbia uno sviluppo differente e del tutto originale. Fu
rappresentata solo in due occasioni, in passato, una prima volta da Eduardo
stesso, poi da Giorgio Strehler, nel suo spettacolo al Piccolo, e sono per me
due grandissimi precedenti. Se negli altri tre testi che ho citato, Eduardo
aveva riflettuto sulla società, con i limiti, le ipocrisie, i condizionamenti
che imponeva all’individuo, nella Magia lascia spazio all’introspezione e
all’amara disillusione sulla possibilità di assistere, in Italia, ad un reale
cambiamento. La speranza di un’inversione di tendenza . venuta meno:
all’individuo non resta che cullarsi nell’illusione che tutto vada bene. Una
scelta valida, utile a sopravvivere, ma perdente, nel privato, come nel
pubblico.
E’ un Eduardo cinico e disincantato quello che scrive La grande magia. Ci
consegna l’immagine di un’Italia immobile, prigioniera di circostanze
immutabili, un Paese che si lascia scivolare in un insensato autoinganno: come
Calogero Di Spelta, preferisce credere che Marta, la moglie, non sia fuggita con
l’amante, bensì che lo attenda chiusa nella piccola scatola di legno che
l’illusionista Otto Marvuglia gli ha consegnato… Nella Magia è palesemente
dichiarato anche il gioco del metateatro, non solo un espediente drammaturgico
ma anche una intima e accorata riflessione, che è giusto ricordare al pubblico,
ma che mai sovrasta la finalità principale della commedia: raccontarci una
storia, appassionarci a una vicenda umana, filtrata dalla lente di una
straordinaria poesia” Luca De Filippo
Venerdì 22, Sabato 23 e Domenica 24 febbraio
Suoni & Scene presenta Biagio Izzo in “Tutti Con Me” con la partecipazione dei
Virtuosi di San Martino, di B. Tabacchini e B. Izzo, regia Claudio Insegno
musiche Alex Britti, Edoardo Bennato, Paolo Belli
Breve sinossi
Biagio Izzo e i personaggi da lui portati in teatro, al cinema e in televisione,
s’intrecciano con la storia di una giornalista e del direttore responsabile di
palcoscenico, entrambi calati dal nulla durante lo spettacolo, in forma di
monologo, che Biagio sta tenendo sul palco del teatro dove si esibisce.
La donna piombata in scena senza preavviso e con fare sospetto dichiara di dover
realizzare un servizio giornalistico sulla società italiana contemporanea per
conto della testata Cultura & Società, il magazine presso cui lavora. Biagio
stava introducendo un suo monologo quando se l’è trovata davanti all’improvviso.
La sedicente giornalista afferma fra l’altro che il direttore di palcoscenico
sia stato informato del lavoro che deve svolgere e che questi l’abbia pure
autorizzata. Biagio non sapeva nemmeno che ci fosse un direttore responsabile di
palcoscenico, ma immediatamente si rende conto di essere al centro di una
situazione al limite del paradossale.
La storia si tinge di giallo quando la giornalista rivela a tutti il suo volto
crudele di spietata killer con missione di uccidere. Appare chiaro anche che il
direttore, complice della donna, sia la mente di un piano diabolico. Il braccio
e la mente, il gatto e la volpe, Bonnie and Clyde, Diabolik e Eva Kant. E il
disegno criminoso? Terrificante! I due vogliono sopprimere tutti i personaggi
interpretati da Biagio Izzo - Bibì, Assunta, Amedeo, Avana Nove, Valà - sancendo
ogni esecuzione con un inequivocabile messaggio: CANCELLED! Ma chi sono questi
sinistri figuri e soprattutto perché tanta ostinazione nel portare a termine con
incomprensibile accanimento una serie di efferati delitti? Lo scopriremo
assistendo allo spettacolo.
Venerdì 8, Sabato 9 e Domenica 10 Marzo (nostro
articolo)
Comp. T.T.R. presenta Tato Russo in “Il Fu Mattia Pascal”, versione teatrale di
Tato Russo dal romanzo di Luigi Pirandello, regia Tato Russo
con (in o.a.) Francesco Acquaroli - Renato De Rienzo - Sarah Falanga - Giulio
Fotia - Marina Lorenzi - Adriana Ortolani - Antonio Rampino - Carmen Pommella -
Francesco Ruotolo - Massimo Sorrentino
scene di Tony Di Ronza - costumi di Giusi Giustino - musiche di Alessio Vlad
“Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa:
che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno
de' miei amici o conoscenti dimostrava d'aver perduto il senno fino al punto di
venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle,
socchiudevo gli occhi e gli rispondevo:- Io mi chiamo Mattia Pascal.” Ma
cosa corrisponde a un semplice nome proprio? È questa la domanda alla quale
intende rispondere il protagonista del romanzo di Pirandello che così inizia il
suo viaggio attraverso i vari modi d’apparire di se stesso a se stesso e agli
altri, il viaggio tra gli intrighi di una vita moltiplicata forse all’infinito
che ci impedisce tra convenzioni e compromessi di capire chi siamo veramente.
Alla ricerca dell’ ES, dell’altra parte di sé, o della propria vera identità.
Morire per vivere una vita diversa. Ritrovare attraverso mille morti la propria
unica ragione d’esistere. Scoprire la propria vera identità al di là delle
convenzioni che ci hanno formato. Insomma viaggiare a ritroso dei sé o dei
risultati di sé abbandonando la scorza delle apparenze per tentare una scoperta
definitiva del proprio io. Questo il viaggio di Mattia Pascal, nell’abisso della
contraddizione tra essere e apparire. La riduzione in commedia tralascia la
tecnica della narrazione propria del romanzo e trasferisce ad una dimensione
teatrale il racconto. Insomma liberandosi dalla pesantezza d’una proposta troppo
vincolata alla struttura letteraria Tato Russo fa propria la materia del testo
per riscriverla in commedia nello stesso linguaggio drammaturgico che sarebbe
stato di Pirandello nello sforzo palese e riuscito di una costruzione per il
teatro, alla maniera insomma che immaginariamente avrebbe operata lo stesso
autore del romanzo nel momento in cui avesse scelto di trasferirla in commedia.
Il romanzo sembra così recuperato e acquisito al repertorio delle commedie del
Nostro in modo definitivo. Mattia Pascal è Tato Russo nel doppio ruolo di Mattia
Pascal e di Adriano Meis, ma anche gli altri personaggi che concorrono alla sua
vicenda si rincorrono nella storia, interpretata così dagli stessi attori in
identità e personaggi diversi, quasi a scegliere di non chiarire affatto, nello
spettro delle rassomiglianze, la distinzione tra i vari aspetti della realtà.
Mattia e i suoi coinquilini della storia muoiono tutti per rincontrarsi identici
nella storia di Adriano Meis e rivivere poi in quella nuova di Pascal.
Ho ridotto per la scena molti romanzi. Più d’ogni altro Il Mattia Pascal mi
ha imposto un ritmo forsennato di rifacimenti e rielaborazioni. Un Pirandello
troppo giovane, che in sé covava il germe di tutto quello che sarebbe stato, non
era facile da ridurre a un tutt’uno omogeneo. Nel romanzo si rincorrono e si
agitano infatti tutti i temi che saranno svolti con coerenza acquisita negli
anni successivi e che formeranno poi la poetica costante del teatro
pirandelliano : si sommano infatti le esperienze giovanili legate al mondo
siciliano con le indagini piccolo-borghesi dei vari giuochi delle parti, per
sovrapporsi poi alle tematiche del mito e alle intuizioni parafilosofiche
dell’età di mezzo, tutto però con approssimazione e quasi come in una sorta di
work in progress, di pirandello in fieri. L’idea registica tuttavia ha concorso
a tracciare la strada, ha favorito il percorso drammaturgico e ha dato unità di
stile e di intenti alla messinscena. Ho immaginato un gran luogo dei ricordi,
uno spazio vuoto di memoria, una perenne evocazione di fantasmi, un sorgere di
anime vaganti che man mano prendevano i colori dei personaggi e degli
interpreti. Per sottrazione brandelli di memoria sono stati portati via come
frammenti di esistenza lontana. E con mia sorpresa sono rimasto incantato da
come la stessa impostazione scelta per il racconto drammatico svolgesse
dall’interno delle sue ragioni la sua strada naturale. Se la regia è e deve
essere un progetto organizzativo di parole pensieri e opere, di uomini e
tecniche di comunicazione, mi è parso questa volta che uno spirito guida
aleggiasse sulle soluzioni e sulle suggestioni volta per volta ricreate: i
fantasmi del racconto si sono incontrati certamente con i fantasmi del teatro e
gli attori hanno incominciato a viaggiare con grande naturalezza tra personaggi
e maschere. Non mi resta da spiegare altro. Spero che l’intuizione che è alla
base della regia e della riscrittura sia colta come un dato non mistificatorio
ma perfettamente aderente alla realtà del racconto. Tato Russo
Venerdì 12, Sabato 13 e Domenica 14 Aprile
Chi è di scena presenta Vincenzo Salemme in “Il Diavolo Custode“ di Vincenzo
Salemme, regia Vincenzo Salemme
e con (in o.a.) Nicola Acunzo, Domenico Aria, Floriana De Martino, Andrea Di
Maria, Antonio Guerriero, Raffaella Nocerino, Giovanni Ribò
Scene Alessandro Chiti, Costumi Mariano Tufano, Musiche Antonio Boccia, Luci
Umile Vainieri
Note dell’autore: Ho voluto fare uno spettacolo che vi facesse venire voglia di
parlare di più con voi stessi, col diavolo che è in voi senza averne tanta
paura, perchè se quel diavolo è in voi forse è solo un povero diavolo e non può
farvi del male. E magari vorrebbe darvi solo una seconda possibilità.Perchè
diciamoci la verità, ci lamentiamo spesso con l’universo intero e con la vita
che sono stati troppo crudeli con noi. Che ci hanno tarpato le ali, che ci hanno
spezzato i sogni. E allora immaginiamo che un giorno il nostro diavolo custode
salga sulla terra e venga a dirci: “vuoi tornare a nascere e ricominciare
daccapo? La vuoi la seconda possibilità? Ma sei sicuro che ne valga la pena? Ce
la farai a fare di meglio?”.Ecco questo è il tipo di domande che vorrei farmi
insieme a voi ridendo un po’, senza cattiveria e senza paura, su noi stessi.
fuori abbonamento
Venerdì 1 febbraio, Raffaele Paganini in "La vera storia di Zorba il
greco" (nostro
articolo)
Appuntamento a cura del CDTM - Circuito Campano della Danza per la direzione
artistica di Mario Crasto De Stefano.
La Compagnia Almatanz e la Compagnia Nazionale di Raffaele Paganini portano in
scena "La vera storia di Zorba il Greco" per le coreografie di Luigi Martelletta,
le musiche di Marco Schiavoni. Guest: Raffaele Paganini
Alle soglie del matrimonio, un uomo viene assalito dai dubbi e dai timori e
inaspettatamente si allontana dalla sua amata e dalla sua terra, la Grecia, per
iniziare un viaggio sia attraverso il mondo, sia attraverso se stesso. Nei suoi
vagabondaggi visiterà terre lontane, luoghi di incantevole bellezza, città
pittoresche. Le diversità di atmosfere culturali e di civiltà lo condurranno a
vivere sconosciute esperienze di vita tra sogni, speranze, delusioni, dolori, e
forti sentimenti d’amore e di amicizia.
Il coreografo Luigi Martelletta ci offre uno spaccato della vita del
protagonista, puntando il riflettore sull’essenza intima dell’eroe,
rappresentato da Raffaele Paganini.
Il balletto, cavallo di battaglia del grande Etoile sin dall’inizio della sua
carriera, mai come in questi anni di maturità si fregia della sua esperienza
artistica e del bagaglio culturale maturato in centinaia di repliche da lui
effettuate in tutta Europa. È proprio in questo momento che Raffaele Paganini
l’uomo e Zorba il Greco il personaggio, si fondono mettendo a disposizione l’uno
dell’altro le loro esperienze, riversandole sul palcoscenico.
La scenografia ed i costumi realizzate per il balletto ci fanno assaporare i
colori e le culture dei popoli che via via si susseguiranno nei vari quadri,
mentre le musiche originali di Marco Schiavoni e gli inserti musicali
tradizionali greci ci daranno l’opportunità di valorizzare oltre l’aspetto
artistico, anche quello culturale ed epico che la storia di Zorba ha sempre
offerto al grande pubblico.
La conclusione del balletto culminerà con il leggendario Sirtaki, i greci
affermano che bisogna danzarlo scalzi, sulla spiaggia deserta, per sentire le
pulsazioni della terra. Zorba danza e parla con il corpo ed il suo volo ricuce
cielo e terra.
INFO Lo spettacolo avrà inizio alle ore 21. Per informazioni: Teatro Comunale di
Caserta 0823 444051 (orario botteghino: lun/ven 10-13/17-20) .