Photogallery

Prospetto del santuario di S. Lucia

La statua di S. Lucia nell'omonimo santuario

Interno del Santuario di S. Lucia

Le cave che deturpano il paesaggio

Chiesetta di S. Rosalia

Monumento dedicato ai Martiri al bivio per il Santuario di S. Michele

Ingresso della Chiesa di S. Michele

Interno della grotta dove si racconta ci sia stata l'apparizione di S. Michele

Statua della Madonna sul monumento in cima al Monte S. Michele

10 Ottobre 1993: Inaugurazione del monumento dedicato alla Madonna

 


Foto e testo, ove non diversamente specificato
© Casertamusica

Diritti riservati


 

Passeggiate Casertane: la strada dei Santuari

3° tappa: da Centurano al Santuario di San Michele

Articolo di Lorenzo Di Donato

Tappe della passeggiata:
1: Piazza Marconi

2: da Via Napoli a Centurano

3: da Centurano al Santuario di San Michele

Centurano, il santuario di santa Lucia - foto Emilio Di Donato / casertamusica

Terza tappa: da Centurano al Santuario di San Michele

Appena fuori Centurano, la strada per il Santuario di santa Lucia si arrampica sulle colline subito con due tornanti che anche l’auto affronta con impegno. Fino agli anni 50 dello scorso secolo la strada aveva grossi ciottoli e quindi era ancora più dura. Perciò esauriva le residue riserva di fiato di noi piccoli pellegrini nonostante fossimo stimolati dalla presenza di quanti si stavano recando lassù, alcuni salmodiando ed in processione dietro ad uno stendardo, e dai rumori e dagli odori della ormai vicina Festa.

Nei cento metri di salita rettilinea che precede il Santuario c’erano bancarelle di ghiottonerie e di giocattoli: gli occhi passavano rapidi e vogliosi dal fucilino allo zucchero filato, dalla ‘lengua ‘e menelicche’ alle castagne d’’o prevete, dal tamburello al torrone, dalla trombetta al cozzecaro -che offriva cozze crude con una spremuta di limone o cotte con un sughetto da assorbire con una fetta di pane raffermo- dalla palla imbottita di sughero e legata ad un elastico ai lupini, dal Pulcinella su un carrellino in modo che spinto a mano suonasse due piatti di stagno a ‘o spasso od a ‘o pere e ‘o musso.

“Prima in chiesa!”, imponeva la mamma. E nessuno di noi fiatava. La chiesa era naturalmente sempre affollata, con un continuo di Messe che non infrequentemente erano interrotte per permettere all’ultimo gruppo arrivato di poter percorrere ginocchioni lo stretto corridoio lasciato libero dai fedeli dall’ingresso al simulacro della Santa. Ma tutto con compostezza, lontana dalle agitate ed a volte chiassose manifestazioni di fede di altri santuari campani.

Oggi il Santuario -di Santa Lucia e della Divina Misericordia per i movimenti di preghiera ispirati dalle apparizioni del Redentore a suor Faustina- si presenta luminoso all’interno ed elegante all’esterno con il dovuto risalto dato alla facciata del Vanvitelli, dopo il restauro effettuato dalla Sovrintendenza dei BB.AA.in questi ultimi due anni. Tanto meritava e merita la pietà e l’opera pastorale del Rettore don Primo, che tanti fedeli raduna in preghiera ed alle funzioni religiose, come già avveniva quando, ai tempi del principe Giulio Antonio Acquaviva, lì sorse un convento dei frati riformati, che poi, come scrive l’Esperti, "si ridusse a fine e si perfezionò" per le elemosine generose del popolo. Poi, nel secolo XIX, l’abolizione delle corporazioni religiose portò alla trasformazione del complesso in asilo di mendicità da parte del Municipio di Caserta, con anziani bisognosi sussidiati dallo stesso Comune, dalla Provincia, da alcuni comuni del casertano, dallo Stato nonché da privati. Ciò è durato fin dopo la seconda guerra mondiale. Poi le condizioni igieniche non in linea con le nuove esigenze hanno consigliato la chiusura del mendicicomio, con conseguente ulteriore degrado della struttura.

Dopo aver dato un attento sguardo anche alle lapidi che ricordano tanti uomini illustri e generosi, è tempo di continuare la nostra passeggiata che sarà ancora piena di memorie e di luoghi sacri, lasciando per almeno un’ora i bambini a santa Lucia, o portandoli con noi, se preferiamo l’auto.

Salendo ancora per la strada impolverata dalle adiacenti cave che straziano in modo incivile le nostre colline, dopo circa cinquecento metri si arriva al bivio per Garzano, messo in evidenza dalla chiesetta di santa Rosalia, quasi sempre chiusa, che presenta questa ingenua scritta sull’architrave: ”Sui vecchi ruderi / di umil tempietto/ quest’altro vedesi/ di nuovo eretto/ ove si venera / di ROSALIA/ la sacra immagine/ benigna e pia”.

Ancora a salire per circa un chilometro e, al bivio per il santuario di san Michele, c’è la testimonianza dolente della storia recente casertana. Una lapide, che finalmente ha trovato degna sistemazione dopo reiterate segnalazioni sulla stampa cittadina - riteniamo di aver anche noi qualche merito perché più volte abbiamo scritto sull’argomento e cercato di interessare e sollecitare personalmente amici nell’Amministrazione comunale- ricorda l’eccidio lì perpetrato di sacerdoti, civili e soldati nel 1943 da parte di soldati tedeschi in fuga. Non vi trascriviamo la dedica sperando che andrete a leggerla sulla lapide, che ora ha l’aspetto di un piccolo monumento. Finalmente!

Svoltate subito a destra per raggiungere, dopo un chilometro di bella arrampicata, il Santuario di san Michele, in cui non manca la grotta dell’apparizione dell’Angelo ed un assortimento di ex voto particolare per la presenza di numerosi abiti da sposa.

Il culto di san Michele Arcangelo si diffonde in tutto il Meridione dal V secolo, anche favorito dai Longobardi, i nuovi conquistatori, in quanto il Santo -sempre in lotta contro il Maligno, Principe del Cielo che si manifesta sulla terra attraverso apparizioni o miracolosi avvenimenti in aiuto dei più deboli durante guerre sanguinose o flagelli apocalittici - incarna lo spirito e l’essenza della loro organizzazione sociale tipicamente militare.

A san Michele Arcangelo, patrono e protettore della Diocesi di Caserta, sono dedicate varie chiese e cappelle del casertano, ma il Santuario dell’Angelo sul nostro monte vanta il culto più sentito della diocesi.

Il 10 ottobre 1993, sullo spiazzo posteriore al Santuario, con grande concorso di popolo ed una solenne processione, fu inaugurato il monumento a Maria SS. Del Redentore, voluto dal Vescovo di Caserta, mons. Raffaele Nogàro, ed elaborato dall’arch. Giovanna Sarnella: la Madonna ha il santo Bambino tra le braccia e guarda, e salvaguarda, la diocesi di Caserta.

Oggi l’area -che con i due santuari, è affidata alla rettoria del pio e dinamico don Angelo delli Paoli- è stata ben sistemata e si presta anche a soste di gruppi familiari in aree sufficientemente attrezzate.

Nulla a che vedere, naturalmente, con le cosiddette Sagre che un’azienda di Agriturismo sta sfornando, quasi mensilmente, in quest’anno.

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