Teatro Civico 14: “Il mio corpo ferito”

Caserta – 6 Marzo 2010

Articolo di Dario Salvelli

“Il mio corpo ferito” è un’opera di Angelo Callipo, finalista della XII edizione del premio letterario “Osservatorio” di Bari (leggi). Già dal titolo preannuncia una storia forte quanto il vento gelido che ci ha accompagnato stasera al Teatro Civico 14 scaldato da una copiosa presenza di spettatori. Sarebbe facile considerarlo come un omaggio alle donne ed una contemplazione della giornata della donna che questo 8 marzo compie 100 anni. E’, invece, segno di un teatro sociale e civile che denuncia un’ingiustizia comune legata alla violenza sulle donne, alla negazione di diritti essenziali e di una vita libera e degna di essere vissuta. “Il mio corpo ferito” è quello di Angela Licciardi, una giovanissima donna che viene rapita dalla sua casa di campagna, violentata per giorni e poi ceduta a messer Scipione affinchè sfrutti economicamente la sua bellezza. Angela viene strappata alla sua vita di campagna, dura ma semplice e dignitosa, fatta di paglia e di notti a dormire al chiaro di luna, all’affetto di un padre rigido ma premuroso, che farà di tutto per cercarla. Quella di Angela è la storia di un processo celebrato nel 1578 al tribunale di Capua e che ha alle spalle un retaggio culturale grezzo: dal suo banco Angela narra alla corte la sua crude storia accusando i suoi stessi carnefici presenti nell’aula, indicandoli, disegnando con la forza delle parole le meschinità che ha subito. Anna Moriello è l’unica intensa interprete di questa pièce, la forza dei suoi occhi e del suo viso mostrano l’immagine di una donna che soffre, trema, prega, che indifesa cerca di non arrendersi davanti alla crudeltà di Ferrante, l’uomo che aveva promesso al padre di sposarlo, dello zio, di suo cugino e dei suoi amici che vanno a trovarla ad ogni ora della notte. Angela coglie ogni profumo di chi l’ha violentata, tabacco, vino, a volte lavanda ma pur sempre odore di bestia; Angela è capace di riconoscere ogni mano, che sia morbida come quella di un prelato o ruvida come quella di un bracciante. Lorena Leone rappresenta, con grande fermezza dei movimenti, il dolore di quel corpo ferito dal fiato sporco e dalla saliva, che viene violentato e derubato ad ogni passo ma che cerca la salvezza in un raggio di sole, in un pasto caldo ed infine nel denunciare pubblicamente le attese nel buio, le continue violenze e segregazioni. Angela è una donna umiliata ed arresa, solo gli ultimi giorni a casa di messer Scipione riuscirà a trovare, anche grazie a Donna Lucrezia che le darà le attenzioni di una madre, una fiammella di speranza e libertà. Ci sono immagini forti e crude in questo spettacolo ben diretto da Peppe Miale: le tensioni dell’umiliazione, il dolore del grembo, vengono rappresentati senza troppi stereotipi. Fulminanti la scena del rifiuto del cibo o quella in cui Angela cerca di contare i passi del suo tugurio per ricordarselo a memoria. E’ notevole anche il disegno di luci che accompagna la storia e che insieme ai cambi di musica scandisce il ritmo delle due attrici sempre brave e precise. Angela denuncerà tutti quegli uomini ricostruendo i fatti in maniera precisa, se da un lato sembra arrendersi dall’altro vuole giustizia per la sua vicenda, perché il suo corpo rimarrà ferito per sempre ma potrà per essere libero.
Angela è la figura di una donna che attraversa il tempo e lo spazio. Certo, c’è un lieto fine ma non è una figura tragica o una martire. E’ solo una donna consapevole delle avversità delle vita che non urla vendetta ma giustizia nei confronti di una mandria di bestie. Il senso di rabbia che questa storia suscita è forte, tra il pubblico c’è qualche donna che pretenderebbe una castrazione fisica. Non sarebbe mai abbastanza rispetto a quella psicologica di un corpo ferito in profondità.

consulta: Teatro Civico 14: programma 2010

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