Teatro Comunale:  "Le follie" di Peppe Barra

Caserta – 26 Novembre 2010

Articolo di Valentina Sanseverino

Nel 1954, all'apertura del ricostruito Teatro S. Ferdinando, Edoardo De Filippo e la sorella Titina - alla sua ultima apparizione in teatro - portarono in scena una commedia di Francesco Gabriello Starace per la regia di Roberto Rossellini: era ispirata ad un Monsignore napoletano vissuto nel 700, un uomo talmente stravagante, distratto e originale da divenire una vera e propria leggenda metropolitana. Nel 1991 Barra e Lambertini riproposero lo spettacolo con un'introduzione geniale, destinata a cambiare per sempre la storia di questa commedia: Menica, una sorta di Perpetua stile Don Abbondio ma nata nei vicoli della Napoli che fu! Paziente ma brontolona, ottima cuoca e buongustaia, pettegola, perfino "inciuciona" ma affettuosa e dal cuore tenero, intrisa di quella saggezza popolana che stempera le follie del suo padrone, Peppe Barra non poteva scegliere per se personaggio più azzeccato di lei in questa commedia dal titolo "Le Follie del Monsignore", riadattata con la con la collaborazione del coautore Paolo Memoli.
Allestita sul palco casertano dalla compagnia Mario Chiocchio, con Annalisa Giacci ai costumi, Aldo Cristini alle splendide e suggestive scene e Ciro Cascino al pianoforte e alle tastiere per musiche ideate dallo stesso Patrizio Trampetti, che impersona il Monsignore, la commedia vede due tra le maschere più belle a cui il teatro napoletano ci ha abituati impegnate in un irresistibile gioco comico a suon di battute, gag, fraintendimenti basati sulla smemoratezza, le manie, i peccati di gola dell'assurdo Monsignore. Accanto a lui, vera dominatrice della scena, Menica espressione verace della più autentica comicità napoletana costruita sulla gestualità , gli antichi termini dialettali, le allusioni "piccanti" e i memorabili monologhi con il pubblico, chiamato in causa per spezzare l'eterno dialogo tra il Monsignore e la sua perpetua e interlocutore della governante nei suoi inciuci.
Indimenticabili, per chiunque abbia assistito alla rappresentazione, le ricette suggerite da Menica, quelle più antiche e golose che la cucina napoletana ha ispirato, accompagnate da riferimenti alla vecchia tradizione erotica e pettegola della cultura partenopea senza dimenticare accenni al presente, come quando Menica rimprovera Monsignore che parla di rivoluzione "Zitto!“ lo ammonisce " che non si può dire questa parola di questi tempi" o quando, davanti agli improbabili esperimenti per annullare la fame ideati dal Monsignore, di cui vittime sacrificali sono i due cavalli Charlotte e Nicolino, morti "Proprio quando stavano imparando a vivere senza mangiare" Menica ribatte "A me prima mi dovete ammazzare e poi dopo, forse, smetto di mangiare...forse!"»
E' un invito alla tolleranza, alla pazienza e alla comprensione del valore dell'amicizia e della compagnia questa commedia divertente che insegna, oltre che a sorridere della morte e a sopportare con ironia i difetti chi ci sta accanto, anche un po' di genuina e gustosa cucina napoletana!

Consulta: Teatro Comunale Di Caserta: Stagione Teatrale 2010/2011

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