Il re ride

  

"Il re ride (una favola dark)" al Teatro Civico 14

Caserta – 9 Novembre 2014

Articolo di Alessia Aulicino

All’interno di un qualsiasi sistema di potere, sia esso a fondamento democratico, monocratico, teocratico o di altro tipo, ogni esecuzione del potere è un fratricidio e ogni fratricidio è una esecuzione del potere…”(incipit dell’opera).

Quando Italo Calvino selezionò la favola dell’uccello grifone per la sua celebre antologia di fiabe, scrisse: “(…) porta con sé la malinconia delle nenie cui dovette accompagnarsi per il mondo, nate da quello zufolo di canna (o d’osso) in cui trasmigra, in una delicata metamorfosi, l’anima del ragazzo ucciso.”
Quella a cui s’ispira la trasposizione teatrale diretta da Luisa Guarro, è una delle tante versioni esistenti, (probabilmente la variante campana) le quali conservano tutte lo stesso tragico spirito.
La storia narra di un re ormai anziano, il quale consapevole di non avere più tempo per regnare, deve decidere quale dei due figli gli succederà al trono. Convinto della nobiltà d’animo di entrambi, egli si ritrova completamente disorientato, ma una maga gli consiglia di mandare i giovani alla ricerca dell’uccello grifone, una creatura mitica capace di discernere i malvagi dai giusti, inavvicinabile dai più e residente nel cuore di una fitta e buia foresta. Colui che fosse riuscito a portare con sé una piuma dell’uccello sarebbe divenuto re.
E’ così che il più nobile tra i due, pur essendo il più fragile ed inesperto, riesce a non perdersi nell’oscurità: l’ingenuità, la capacità di guardare tutto con rinnovata meraviglia, gli permettono di non avere timore. Il suo cuore puro e candido come la neve, si scioglie alla vista del bellissimo grifone, la sua mente raggiunge un’estasi tale da dimenticare completamente il suo intento iniziale: è l’uccello a far cadere, spontaneamente, una delle sue piume. Diversa la sorte dell’altro che, riscoprendosi malvagio ed invidioso, non riesce ad avvicinare l’uccello e decide di uccidere il fratello per impossessarsi dell’agognato trofeo.
Meravigliosa opera teatrale dal gusto amaro e suggestivo, con lievi sfumature dark, dove la favola è solo un pretesto per denunciare un sistema universalmente corrotto, una storia senza tempo né luogo, i cui protagonisti potrebbero essere uomini qualunque. Il principe giusto viene ucciso più volte ed ogni modalità rappresenta la pena capitale di uno Stato di oggi e di ieri, totalitario o apparentemente democratico. Egli viene fucilato, impalato, fulminato sulla sedia elettrica; carne da macello nelle mani di poteri troppo forti.
Solo un “piccolo uomo”della plebe, un boscaiolo, tenta di dar voce alla giustizia, quando incontrando l’anima errante del giovane intrappolata da una maledizione, vuole raccontare la verità al regno intero. Ma il buon re ormai è morto ed il suo figlio stolto è l’unico sovrano, giudice indiscusso d’ogni cosa, perfino di se stesso. Ciò insegna come troppo spesso nel mondo odierno la figura del carnefice e quella di chi fa le leggi coincidano, restringendo ancor di più la sottilissima linea tra ciò che è lecito e quel che è deprecabile, tra etica e morale. I clown sono principi ma anche re, la figura che rappresenta la risata per antonomasia, qui ha il volto solcato da lunghe lacrime nere che col tempo si accentuano o sbiadiscono. Eccezionale l’interpretazione degli attori che si cimentano in più parti; non in poche scene regalano brividi agli spettatori. Ed è così che una volta usciti dal teatro la si può sentire: una neve, bellissima e gelida, scendere a fiocchi negli animi scossi.

Riflessione sul potere in forma di clownerie
Liberamente ispirato alla leggenda campana dell’Uccello Grifone
Scritto e diretto da Luisa Guarro.
Con Francesco Campanile, Luca Di Tommaso, Luca Gallone.
Disegno Luci Paco Summonte.
Costumi Federica Del Gaudio

consulta: Stagione Teatrale 2014/2015 al Teatro Civico 14

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