La Compagnia Matutae in "Stazione di Servizio n.23" di Brillante Massaro

Caserta – 8 e 9 Aprile 2017

Articolo di Rossella Barsali

23 sono i grammi che –si dice- si perdono morendo. La stazione resta per antonomasia il luogo di transito, arrivo o partenza che sia non importa, ma comunque un luogo di sosta; e il “luogo” è uno dei numerosi spunti che emergono dallo spettacolo di debutto della Compagnia teatrale “MATUTAE”, in scena lo scorso fine settimana nel Sottoscala di Radio Zar Zak, a firma di Brillante- tale di nome e di fatto - Massaro, già autrice di “Emozioni in gioco”. Scegliere di andare in scena in un luogo comunemente calcato da musicisti già denota lo spirito della Compagnia esordiente, libera da schemi precostitutiti. Il tema è scottante e di sicuro impatto emotivo: ma quando di femminicidio sono le donne a parlare, emerge una poetica intrisa di ironia, furore e tenerezza che incanta. Le Matutae annullano la quarta parete, alcune apparendo direttamente in platea: ci si sente parte del contesto, si diventa “aspettatori”, in attesa cioè della narrazione scenica, che appare felpata, tra una battuta e l’altra, frutto di una sapiente drammaturgia, che si rivela anche nella sapidità dei dialoghi. Briose e disperate, le nove differenti storie che si somigliano tutte nell’epilogo, sono incarnate nelle loro protagoniste, che si incontrano, si scontrano, si ascoltano, e si commentano, con quella distaccata empatia tutta femminile che nasce dalla comunanza di ataviche mestizie, di sorellanza nel peso del giogo d’amore, e di affettuosa presa in giro fatta di luoghi comuni e feroci. Eppure, e anzi proprio per questo, la voce fuori campo, l’Eterno Femminino, avverte, raccomanda, rivela i lati fragili e autodistruttivi della psiche femminile, i suoi cicli: stentorea e dolce, in un fermo-immagine emotivo dove piove una luce fredda e pericolosa, recita alcuni brani tratti da un noto testo di Clarissa Pinkola Estes, indispensabile in ogni biblioteca familiare. E’ il sapere femminile che si tramanda da donna a donna, passando come un bagaglio di esperienze: è la metafora della valigia che passa di mano in mano, fino a non averne più, di bagaglio: ma anche il nulla si tramanda.
La vera rivelazione è l’opinione delle vittime sui propri aggressori, che a tratti diventa indulgente, quasi materna, o al contrario amara, e amareggiata dalla infinita meschinità di chi si macchia di tale abominio: una chiave di lettura nuova, e ancora una volta antica, che tanto somiglia ad un autoinganno.
Un plauso sincero a Patrizia Bertè, Anna Borghi, Mina Mastantuoni, Mimì Trapani, Simona Giuntini, Brillante Massaro, Giovanna Piombino, Maria Teresa Buonpane, Elena Luppino e Sara Mormille, che speriamo di rivedere presto in scena.

Intervista A Brillante Massaro di Pia Di Donato per Caserta Musica ed Arte

CM&A: Hai preso ispirazione da qualcosa? un avvenimento?  E' la tua prima produzione teatrale?
B. M.: E' una vecchia idea: ci sto lavorando da almeno tre anni. Un tentativo non so se riuscito o meno di trattare un argomento terribilmente pesante, in un modo più leggero ma non meno profondo

CM&A: Davvero un lungo periodo! Ne curi anche la regia?
B. M.: La regia è collettiva: ho condiviso con le altre che cosa pensavo di fare e poi le decisioni sono state prese tutte insieme. E' stato certamente più faticoso negoziare continuamente nel gruppo ma penso che questa sia la differenza, con tutti i pro e tutti i contri, di essere un gruppo che condivide un percorso comune! Insomma un modo di lavorare al femminile!

CM&A: Ma c'e qualche maschietto, se non sbaglio, ... come l'ha presa?
B. M.: E' il tecnico! è in minoranza!

CM&A: E' uno spettacolo che non da "risposte" o distingue fra "buoni e cattivi"
B. M.: Perché il cambiamento è cosi' difficile? è questa una delle domande che emergono dallo spettacolo insieme ad altre del tipo: che cosa rende la vita degna di essere vissuta e perché le donne continuano con questo estenuante esercizio di "resistenza al dolore"? Così il desiderio di cambiamento si confonde con il cambiamento, ma desiderare le cose non le fa avverare! Questi i principali spunti di riflessione

CM&A: So che vi siete avvalsi di uno psicoterapeuta...
B. M.: Abbiamo lavorato tanto su questo spettacolo, anche con l'aiuto di una psicoterapeuta che ci ha fatto entrare meglio nelle dinamiche vittima carnefice, e in particolare mi ha fatto capire che l'abitudine è il vero mostro, ci abituiamo a tutto, e il velo dell'abitudine e della rassegnazione ci rende passive.

CM&A: E' comunque un argomento "spinoso"..
B. M.: Lo so che può essere difficilmente digeribile. Ma é una sfida. Non volevo parlare del femminicidi facendo pietismo e calcando dei cliché volevo piuttosto che si riflettesse sul fatto che é proprio quando si cade negli stereotipi si diventa vulnerabili e aggredibili. Le donne in scena ironizzano su una serie di luoghi comuni di generalizzazioni sul femminile che sono esasperati in modo ironico proprio per rimarcare che, fino a quando ci identifichiamo solo solo ed esclusivamente con lo stereotipo della donna che -purtroppo- é ancora socialmente imperante, abbiamo poche possibilità. Per dominare il predatore della psiche, il suo barbablú, la donna deve recuperare la sua forza, deve fare ricorso a tutte le sue risorse interne. La voce fuori campo é l'inconscio della donna, la vocina interna che lei non ascolta e che, invece, le dice di ascoltarsi, di non avere paura del cambiamento. È la corresponsabilità della donna, il suo non amarsi abbastanza, stimarsi abbastanza a renderla vittima. Dice Estes "tra gli animali si svolge una misteriosa danza pzichica tra predatore e preda: se la preda concede un certo sguardo servile e riconosce la sua debolezza, accetta di diventare vittima del predatore. Questo volevo passasse.

Consulta: SottoScale a Radio Zar Zak

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