Photogallery

Il Palazzo del Comune di Caserta

 

Il monumento a Vanvitelli

 

Il Palazzo dei Della Ratta sede della Questura

 

La Medioevale Torre inglobata nel palazzo dei Della Ratta

 

La fontana di Piazza Vanvitelli

 

La Scuola Elementare De Amicis

 

I piani inclinati delle scale d’ingresso della Scuola

 

Foto e testo, ove non diversamente specificato
© Casertamusica

Diritti riservati


 

Passeggiate casertane: Da piazza Vanvitelli alla Vaccheria

1° tappa: Piazza Vanvitelli

articolo e fotografie di Lorenzo Di Donato

Tappe della passeggiata:

1: Piazza Vanvitelli

2: Corso Giannone

3: Aldifreda e i Mulini Militari

4: il casale di Sala

5: San Leucio

6: Vaccheria

 

Prima tappa: Piazza Vanvitelli

 

Piazza Vanvitelli, una volta piazza Mercato, ha visto gozzovigliare soldataglie di baroni e conti, sfilare le pompose carrozze dei dignitari dei principi e dei re, sventolare l’azzurro dei Borboni, il rosso delle camicie garibaldine, il nero fustagno dei soldati piemontesi, il grigio verde dei soldati dell’Italia unita. Ha gioiosamente ascoltato il fruscìo delle seti delle vesti delle belle signore che si recavano ad assistere agli spettacoli che si davano nel teatro in legno “Politeama casertano” posto davanti al Palazzo Vecchio; ha sussultato di sgomento per le cieche bombe che sventravano il palazzo Ricciardelli e di sdegno per l’improvvido piccone che abbatteva il palazzo Castropignano, sede del Comune, per fare posto ad un brutto scatolone di vetro e cemento (foto 1); si è intristita alle cadenze dei soldati tedeschi non più amici; ha gioito all’arrivo delle truppe liberatrici alleate.

Con queste ultime la vita in Piazza divenne frenetica. Fotografi ambulanti -con la loro ingombrante macchina fotografica con camera oscura di sviluppo e stampa- immortalavano i soldatini americani sullo sfondo del monumento a Vanvitelli (foto 2) o del Palazzo Vecchio (foto 3); poi le passava ad un improvvisato disegnatore che, lavorando di acquerello, le rendeva a “colori”, come voleva il soldatino. Le carrozzelle stazionavano lungo i marciapiedi della Piazza -che fetore durante l’estate!- pronte a scorazzare frotte di soldati a volte in compagnia di qualche donnina allegra. Complessini ambulanti tenevano il loro affollato concertino (qui ho ascoltato la prima volta la terribile “Tammurriata nera”). Non mancavano strani individui che vendevano di tutto: dal falso wishky all’indirizzo della “segnorina”, dal fittacamere ad ore al piccolo fallo d’argento, che, novello Mercurio, aveva due piccole ali alla base (che sgranate d’occhi di noi ragazzini!).

“Passò la nottata” e la Piazza ebbe momenti più sereni, con schiere di bambini incantati dalle semplici “pulcinellate” rappresentate nella baracchella dei fratelli Ferraro -non ancora “reduci dalla TV”- e dallo spettacolo della lavorazione in pubblico dello zucchero che, sapientemente lavorato, diventava, quasi per miracolo,“stecche” e franfellicchi coloratissimi, friabili e dolcissimi. Discussioni accese, non violente, tra i grandi seguivano le adunate più o meno oceaniche per l’arrivo dei massimi esponenti dei vari partiti politici, a partire dall’on De Gasperi, in visita al Prefetto durante la campagna elettorale del 1948, prima dei loro infiammati comizi.

Oggi, infine, la nostra Piazza assiste alla pacifica invasione degli extra comunitari -essenzialmente dei paesi dell’Est, ormai prossimi paesi dell’E.U- che, affollando i tavolini dei due piccoli caffè, ne hanno fatto il loro punto d’incontro e .. un efficiente ufficio di collocamento a cui si rivolgono i casertani che hanno bisogno di “badanti”.

La Piazza è, quindi, da sempre il nucleo storico della nostra città, fin da quando, era il 1407, il mercato in essa fu voluto dai Della Ratta davanti al loro nuovo palazzo baronale (Palazzo Vecchio), costruito inglobando la medioevale torre di guardia (foto 4). Ciò provocò lo spostamento delle attività commerciali ed amministrative della Caserta antica al villaggio Torre. Gli Acquaviva , poi, abbellirono il Palazzo e potenziarono le attività del villaggio Torre mentre i Borboni fecero fare da Luigi Vanvitelli una profonda trasformazione del Palazzo per realizzare vari appartamenti da utilizzarli durante i lavori di costruzione della Reggia e fecero diventare Caserta,Villa reale, l’antico villaggio Torre .

Dopo l’Unità d’Italia la piazza assunse anche una funzione rappresentativa e, sul finire del secolo XIX, venne trasformata in giardino pubblico con monumento a Luigi Vanvitelli, la fontana (foto 5) e le aiuole, tutto circondato da un doppio filare di lecci. Così la Piazza divenne l’unico spazio verde cittadino per circa un secolo. Sono trascorsi appena sette anni dall’attuale sistemazione della Piazza con nuovo arredo ed una nuova filosofia ma l’idea e la realizzazione non è sorretta da un’adeguata manutenzione degli spazi verdi.

Questa, per sommi capi, è la piccola storia della piazza Vanvitelli, che io, come tanti casertani non più giovanissimi, ancora oggi vedo con occhi diversi, da innamorato della mia città, come ho già dichiarato e come avete potuto comprendere fin dalle prime righe di questo itinerario.

La Torre, lì nell’angolo del Palazzo Vecchio, ed il Palazzo stesso, mi ha visto per qualche tempo nei banchi della scuola elementare e, poi, nell’immediato dopoguerra, della scuola media Vanvitelli, per cui la Piazza stessa divenne per noi spazio di giochi, ancora più quando fu tolta la cancellata che la racchiudeva perché il ferro “serviva alla Patria in armi”. La cancellata non è stata più rimessa in sede. Noi ragazzi avemmo così un altro gioco a disposizione: camminare in equilibrio sulla cordonatura in pietra che reggeva la cancellata (se guardate con attenzione questa cordonatura, vedrete ancora i segni lasciati delle aste che vi erano conficcate a distanza di tre passi l’una dall’altra). Vinceva la gara chi riusciva a fare il tratto più lungo prima di perdere l’equilibrio.

Confesso che ancora oggi, se non ho troppi occhi addosso, trovo ogni scusa per fare qualche metro sulla cordonatura, per mettermi alla prova, per mettere alla prova il mio equilibrio. Quando il tratto scelto è ben superato, me ne vado via contento. Sssseh!

Altro gioco, quasi giornaliero, era “fare lo scivolo” lungo i piani inclinati delle scale d’ingresso della Scuola Elementare De Amicis, appena s’imbocca corso Giannone, nonostante le sgridate inevitabili della maestra, prima, e dei maestri, poi. Ma era più emozionante fare lo scivolo sui piani inclinati dell’ultima scala, da dove uscivano i ragazzi di terza, quarta e quinta elementare: era ed è più lunga e quindi la velocità finale era più alta. Io, poi, avevo una cartella di fibra vulcanizzata che faceva poco attrito con lo scivolo: la mettevo sotto al sedere e …ero imbattibile!

Oggi i bambini delle elementari non usano più lasciarsi scivolare lì, sia per il nugolo di mamme e papà in loro trepida attesa, sia perché abituati a giocare nel chiuso di una stanza con il computer ed i videogiochi, con una mano sul joystik o sul mouse e l’altra impegnata a reggere o usare il cellulare, sempre in attesa che un genitore lo sbatta in una palestra e poi subito l’accompagni alla lezione di musica o di nuoto.

Noi no, non avevamo questa fortuna (!?). Pur con qualche scapaccione di troppo, quanti giochi facevamo! E quanti ne inventavamo! Come di divertivamo!

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